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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2013 alle ore 18:55.

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Il tormentone è ripartito. Dopo settimane di silenzio, gli esponenti dei partiti in lizza per le elezioni del 24 e 25 febbraio si incrociano per dibattere dei rispettivi programmi in merito al documento contenuto nel decreto Sviluppo bis approvato a dicembre. L'Agenda Digitale costituisce la sfida da vincere per innovare la macchina pubblica italiana e generare benefici economici tangibili (e consistenti) per imprese e famiglie? Certamente sì, ma va attuata e non lasciata in bello stile sulla carta.
Quanto può valere la rivoluzione digitale del Belpaese? Il Politecnico di Milano studia da tempo la materia e in occasione di un convegno tenutosi ieri nel capoluogo lombardo (dal titolo "Qual è la vera agenda digitale di partiti e coalizioni?") ha riproposto il possibile scenario di "saving" legato all'attuazione dei diversi provvedimenti previsti dall'Agenda.

Le risorse che nel complesso si potrebbero liberare cavalcando le nuove tecnologie digitali ammonterebbero ad oltre 70 miliardi di euro; 35 miliardi potrebbero arrivare dalla riduzione dell'evasione fiscale e dal miglioramento dell'efficienza della Pubblica Amministrazione, 25 miliardi dalla semplificazione della relazione tra enti pubblici, imprese e cittadini (abbattendo di un terzo i costi della burocrazia sostenuti dalle aziende) e la porzione restante dall'aumento di produttività e dalla nascita di nuove start up hi-tech.

Gli esperti del Politecnico sono quindi entrati nei dettagli della possibile opera di risparmio della macchina statale evidenziando per esempio come circa 5 miliardi di euro di maggiori entrate scaturirebbero con un aumento dal 20% al 30% della penetrazione dei pagamenti elettronici nel mondo consumer (utili a ridurre l'evasione su IVA e imposte). Altri 10 miliardi di euro di incassi li porterebbero la conservazione sostitutiva di documenti fiscali da parte di tutte le imprese, operazione che raddoppierebbe la produttività dei controlli dell'Agenzia delle Entrate. Dei restanti 20 miliardi, un quarto li regalerebbe l'incremento al 30% (dall'attuale 5%) delle attività di e-procurement nella Pa per l'acquisto di beni e servizi e tre quarti la digitalizzazione dei processi (e conseguente riduzione costi del personale del 10%) di pubblica amministrazione, sanità, scuola, giustizia e degli apparati statali.

E-commerce, fatturazione elettronica e start up
L'altra voce forte di possibili "ricavi" dell'Italia digitale è legata ai benefici per il sistema economico generati dall'innovazione tecnologica in seno alle imprese. Il saving, nell'ipotesi che la diffusione della fatturazione elettronica e degli strumenti di commercio elettronico B2b salga dal 5% al 15%, sarebbe di 6 miliardi. Dell'1,5% l'anno potrebbe invece aumentare la produttività del lavoro grazie alla digitalizzazione dei processi aziendali, che porterebbe ad eliminare 30 miliardi di documenti cartacei e risparmiare 7 miliardi di ore di lavoro "a scarso valore aggiunto" in 10 anni. A 3 miliardi di euro l'anno, infine, ammonterebbero i risparmi per le famiglie se l'utilizzo dell'e-commerce salisse dall'attuale 2,6% al 10%
Ciliegina sulla torta le start up. Secondo il Politecnico, il Pil italiano potrebbe crescere dello 0,2% l'anno in virtù delle nascita di nuove aziende tecnologiche, sempre che possano essere stanziati 300 milioni di euro l'anno in fondi Seed per finanziarne la nascita e la crescita.

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