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Questo articolo è stato pubblicato il 28 febbraio 2013 alle ore 19:48.

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Gli incentivi alle energie rinnovabili doppiano, tra nuove vivaci polemiche, la corposa boa dei 10 miliardi di euro l'anno. Tutti finanziati con prelievi sulle bollette elettriche dei consumatori (ma anche su quelle del gas, con il recente avvio dei sussidi per le fonti non fotovoltaiche) per un ammontare che intanto appesantisce per oltre il 10% i costi energetici delle famiglie e delle imprese italiane. Un bene? Un male? Dibattito non nuovo, riacceso dal "traguardo" appena comunicato dal Gse, il Gestore dei servizi energetici che manovra appunto gli incentivi.
Fa appunto sapere il Gse che in base al suo "contatore", consultabile sul web, il costo indicativo cumulato degli incentivi riconosciuti agli impianti diversi da quelli fotovoltaici nell'ultima rilevazione ufficiale di fine gennaio aveva toccato quota 4,1 miliardi di euro l'anno. Si aggiungono i costi annui (anche qui mostrati con un contatore web continuamente aggiornato) per le incentivazioni agli impianti fotovoltaici, che toccano i 6,57 miliardi di euro. Per un totale di 10,67 miliardi di euro annui.

Effetto trascinamento
A decongestionare almeno un po' la crescita c'è l'imminente esaurimento degli incentivi del quinto conto energia per il fotovoltaico. Questione di giorni. Ma nel frattempo sono stati introdotti o rafforzati i sussidi per le altre fonti, che assieme al trascinamento ventennare dei finanziamenti ai pannelli solari continueranno ad alimentare la crescita della spesa complessiva. Tanto che nei prossimi 20 anni lo stanziamento complessivo dovrebbe superare i 200 miliardi di euro. Lo ha appena rimarcato, con grande preoccupazione, l'Assoelettrica (l'associazione dei produttori elettrici "tradizionali") rifacendosi ai dati ufficiali del Gse e dell'Autorità per l'energia. La previsione di Assoelettrica mostra, anzi, un totale di spesa di 220 miliardi dal 2009 al 2032 con un picco nel 2016, quando si supereranno i 12,5 miliardi di euro l'anno.

Scontro di valutazioni
Immediata è stata la controreplica dell'Aper, l'associazione dei produttori elettrici da rinnovabili. Che contesta ad Assoelettrica una stima parziale e distorta, in quanto – si legge in un comunicato – esamina «solo i costi e non i benefici da essi derivanti, che sono: l'aumento dell'indipendenza energetica nazionale (meno gas, petrolio e carbone importati); la diminuzione dei costi che dovranno sostenere gli impianti termoelettrici nell'ambito del sistema europeo Ets sui diritti d'emissione (costi che pesano sulle bollette); l'incremento del Pil (le energie rinnovabili generano più ricchezza delle fossili per il Paese) fino ad una rilevante crescita occupazionale non solo quantitativa, ma anche qualitativa».
Tanto è vero – rimarca l'Aper – che «le stime più prudenti indicano in almeno 30 miliardi di euro il saldo tra benefici e costi delle politiche già varate» mentre «altre stime più ottimistiche arrivano fino a 76 miliardi». «Vale a dire che a fronte dei 220 miliardi di euro che gli Italiani avranno investito nel periodo 2008-2030, il Paese avrà benefici per quasi 300 miliardi».

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