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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2013 alle ore 08:14.

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di Luca Dello Iacovo
Sono storie di intuizioni, passioni e visioni quelle delle startup musicali. È dall'idea di una giornata che parte la webradio Stereomood: sceglie brani adattati allo stato d'animo di una persona. Ha superato presto i confini nazionali grazie al passaparola tra gli ascoltatori. E non ha perso tempo a sbarcare sui dispositivi mobili. Da poco ha lanciato una sveglia sintonizzabile sugli umori, chiamata Mood O'Clock: è disegnata come applicazione software e ha guadagnato una recensione sulle pagine del quotidiano inglese Guardian. Il fondatore di Soundtracker Daniele Calabrese, invece, era un dipendente della Banca Mondiale e si trovava in Nigeria per lavoro quando ha immaginato la sua radio geosocial: gli iscritti scandagliano un immenso archivio con 22 milioni di brani, esplorato attraverso playlist da compilare oppure da scoprire nella community. Inoltre la webradio può mostrare i testi di ogni canzone ascoltata grazie a un accordo con un'altra startup italiana, MusiXmatch, lanciata nel 2010 da Max Ciociola che con il suo team ha costruito una banca dati dove trovare e distribuire in modo legale i testi dei brani. Il percorso di Spreaker, invece, porta alla luce una filiera sul territorio per l'emersione di imprese innovative: quattro amici vincono una competizione locale organizzata dall'università di Bologna e da Aster. Poi volano nella Silicon Valley californiana con Mind The Bridge. Costruiscono una piattaforma dove gli iscritti possono lanciare programmi radiofonici e condividerli con altri nei social network. Ad esempio, Twittamidinotte è una trasmissione sulla webradio diventata un punto d'incontro su Twitter durante le ore notturne. Il settore riprende fiato. Nel 2012 il mercato digitale ammonta al 34% del fatturato globale della musica. In particolare, gli utenti di servizi in abbonamento sono 20 milioni nel mondo (+44% a/a). Sono due aree dove le startup hanno un'ampia gamma di strumenti per coinvolgere un pubblico e trasformarsi in macchine da soldi: ottenere quote in revenue sharing dagli spot oppure ricevere compensi grazie ai link che portano utenti nelle vetrine dei vari iTunes, Google Play e Amazon. Chiedono di sottoscrivere abbonamenti. Stringono accordi commerciali sul territorio. E sono in grado di progettare applicazioni software da vendere anche a pagamento. A cambiare i confini è inoltre l'internet degli oggetti. Le apps per la musica sono ormai una consuetudine sui dispositivi mobili. Muovono i primissimi passi sui display degli smart watch da indossare al polso, tra gli schermi delle smart tv e negli occhiali intelligenti. Sbarcheranno sulle automobili connesse a internet per l'ascolto in streaming: le webradio Pandora e Spotify, integrata con Facebook, hanno stretto di recente accordi. Google non resta a guardare. Ha annunciato nel terzo trimestre 2012 il varo di un'offerta a pagamento per il sistema operativo Android e anche su YouTube, visitato da 800 milioni di utenti ogni mese. Mozilla ha inaugurato da poco il Firefox Marketplace dove i confini tra web e apps sono più sottili. Quasi due anni fa durante The Next Web di Amsterdam era stato Alexander Ljung, fondatore di SoundCloud con Eric Wahlforss, a raccontare la musica e l'audio come territorio di opportunità: la startup berlinese aveva appena iniziato a decollare. Poi è salita sul palcoscenico grazie al sostegno di una community di appassionati. Diventa una miniera per le webradio. E nella capitale tedesca rappresenta un simbolo di un ecosistema europeo di imprese innovative in fibrillazione.

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