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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2013 alle ore 19:19.

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Prende la forma di un decreto, e dunque di un'eredità in qualche modo vincolante per il nuovo Parlamento e per prossimo Governo, la Strategia energetica nazionale messa in campo dal Governo Monti.

Rilancio delle estrazioni nazionali di petrolio e gas, largo all'efficienza energetica mettendo per quanto possibile la briglia ai finanziamenti senza controllo assegnati negli ultimi anni al solare fotovoltaico, sviluppando semmai le alte fonti verdi finora sottovalutate (solare termico, biomasse, geotermia). E intanto una spinta a fare dell'Italia un hub continentale del gas, anche se con un po' più di prudenza rispetto alle ipotesi previste nelle prime bozze della Strategia energetica. Tant'è che la versione definitiva della Sen prevede la realizzazione "obbligatoria" di un solo rigassificatore da 8 miliardi di metri cubi l'anno, a fianco dei due già in funzione nel nostro paese (a Panigaglia e Rovigo) per costituire un alternativa e una sinergia con i grandi gasdotti vecchi e nuovi.

Per partire subito
Nelle intenzioni dell'Esecutivo uscente si deve comunque partire da queste basi. «Io e Corado Passera abbiamo firmato il decreto interministeriale che chiude la procedura di stesura e consultazione pubblica della strategia» comunicava ieri pomeriggio il ministro dell'Ambiente Corrado Clini a margine della presentazione del rapporto Ocse sulle prestazioni ambientali dell'Italia. Un atto legittimo per un Governo a fine corsa chiamato a gestire i soli affari correnti? I dubbi, e le contestazioni, si fanno immediatamente largo. «Dopo la consultazione pubblica – ha voluto precisare Clini – abbiamo semplicemente «chiuso un procedimento». Comunque si tratta di «un decreto che accompagna un documento di programmazione, che il prossimo Parlamento potrà modificare anche per dargli indirizzi diversi». Il decreto «recepisce i numerosi contributi emersi dalla ampia e prolungata consultazione. Proprio per questo lo consideriamo un atto dovuto, per formalizzare l'apporto di quanti, proprio tanti, sono
intervenuti nel dibattito» aggiunge Claudio De Vincenti,
sottosegretario allo Sviluppo economico con delega all'energia.

Dubbi e contestazioni
In ogni caso «non può essere considerato un documento vincolante. Sarebbe infatti inaccettabile che un governo in scadenza approvasse un atto vincolante su un documento così importante» incalza Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd. Contestazioni non solo nel metodo ma anche nel merito. Secondo Realacci la Sen è «debole, in alcuni punti non comprensibile e assolutamente inadeguata rispetto alle sfide che l'Italia ha davanti e alla necessità di puntare con forza sul risparmio energetico, sull'innovazione, sulla ricerca e sulle fonti rinnovabili». Mentre «ricordiamo – aggiunge Realacci – che l'attuale governo voleva sterilizzare il credito di imposta del 55% per il risparmio energetico in edilizia». Il varo del decreto «è un colpo di mano con il quale un Governo dimissionario tutela in larga parte le fonti fossili» accusano intanto, con una nota congiunta, le associazioni ambientaliste Greenpeace, Legambiente e Wwf. «Un atto illegittimo, adottato da un governo in carica solo per gli affari correnti, su una materia di programmazione strategica che tutto rappresenta fuorché «ordinaria amministrazione» si sostiene nella nota.

La diagnosi Ocse
In questo scenario da registrare la radiografia della nostra corsa all'economia verde presentata dall'Ocse proprio ieri mattina. Ne risulta che tra il 2000 e il 2011 l'Italia ha incrementato del 19% la produzione di energia da fonti rinnovabili, che vale il 28% della fornitura di energia elettrica. Il picco è stato raggiunto nel 2011 quando l'Italia ha guadagnato il quarto posto mondiale con investimenti per 29 miliardi, ma «grazie a una forte politica incentivante che non è priva di effetti distorsivi sul costo in bolletta per il consumatore finale». Così il costo dell'incentivo è raddoppiato in un solo anno, tra il 2010 e il 2011, portandosi a quota 7 miliardi di euro (ora abbiamo superato i 10 miliardi), con un peso degli incentivi che a luglio 2012 hanno raggiunto circa il 15% della bolletta, con un raddoppio rispetto al 7,3% del gennaio 2010.

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