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Questo articolo è stato pubblicato il 21 marzo 2013 alle ore 15:57.

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Una fase di costruzione dello strumento per la misura delle microonde cosmiche LFI, gestito in gran parte dall'Italia (foto Inaf/Renato Cerisola)Una fase di costruzione dello strumento per la misura delle microonde cosmiche LFI, gestito in gran parte dall'Italia (foto Inaf/Renato Cerisola)

Signori, ecco la prima luce emessa dall'Universo, nitida e dettagliata come mai l'avete vista prima. Ve la fornisce Planck, il satellite europeo che consegna oggi a Parigi nella sede dell'Agenzia spaziale europea Esa i primi risultati dopo 15 mesi di lavoro sia in orbita che spesi per l'analisi dei dati sulla Terra. E con questo, il vecchio continente supera, anche se di misura, gli Stati Uniti che, a partire dal 2001 con il satellite Wmap, avevano fornito la precedente "fotografia" del Big Bang formato cartolina.

Onore al merito, occorre dire che la Nasa collabora a questa missione per gli impianti di raffreddamento e che gli anni passati hanno anche voluto dire miglioramento delle tecnologie. Comunque ci sono voluti 600 milioni di euro per quest'immagine, ma il risultato è però di grande soddisfazione: confermata in pieno, la teoria del Big Bang che ci spiega come l'Universo all'inizio dei tempi si sia sviluppato da un punto iniziale con un'espansione violentissima, che gli astrofisici chiamano poco simpaticamente "inflazione". Per 375mila anni nulla è potuto "uscire" come radiazione, perché il materiale era ancora tremendamente caldo oltre che denso. Quel che vediamo qui è quindi il primo vagito della "luce", in termini di radiazione elettromagnetica, che ci può arrivare. Anzi per essere precisi è quel che ne resta, la famosa radiazione fossile presente anche nello spazio in cui viviamo, fra i nostri occhi insomma e lo schermo su cui stiamo leggendo. Sono fotoni, particelle di luce o meglio di radiazione vicina alle microonde, e i differenti colori di questa costosissima e al tempo stesso fondamentale immagine che Planck ci fornisce rappresentano microscopiche differenze di temperatura nella radiazione, pensiamo a un centomillesimo di grado, da cui però si svilupperanno le instabilità in quel brodo gassoso da cui andranno a nascere stelle e galassie. E bravo chi sa dire quali si siano formate per prime.

La "ricetta" dell'Universo, vista con gli occhi acuti di Planck, è un po' cambiata: sembrerebbe essere più vecchio, 13.82 miliardi di anni, un centinaio di milioni di anni più del valore precedente, ci sarebbe poi un po' più materia oscura, che sarebbe il 31,7 % dell'Universo e un po' meno di energia oscura, quello strano componente che accelera l'espansione del cosmo, sulla cui esistenza peraltro alcuni scienziati nutrono sempre più dubbi. Disarmante sempre pensare che secondo i cosmologi noi vediamo solo il 4% di quello che esiste, il resto ancora non sappiamo come rivelarlo, "fotografarlo" insomma e misurarlo. Importante la partecipazione italiana, finanziata dalla nostra Agenzia spaziale, Asi, che ha visto la partecipazione di molte Università e Istituti di ricerca astronomici di Inaf sia in termini di ricercatori che nella realizzazione del delicato strumento Lfi a bordo di questo satellite, dedicato a Planck, uno dei più grandi fisici del secolo scorso, premio Nobel nel 1918.

Certamente quello che fa notizia oggi è la conferma della teoria del Big Bang e la grande e colorata immagine, ma non bisogna dimenticare, come ci sottolinea Gianfranco De Zotti dalla Scuola Superiore di Studi avanzati, Sissa, di Trieste, che la missione aveva già portato a risultati fondamentali anche in campo astrofisico. Ha infatti scovato, per esempio, nuovi ammassi di galassie e ponti di gas che le congiungono: le più grandi strutture che vediamo nell'Universo, lunghe centinaia di milioni di anni luce e più. E pensiamo, termina De Zotti, che ha seguito Planck fin dal primo vagito molti anni fa, che siamo a metà del cammino, stiamo lavorando ora alla seconda caratteristica dei dati, la polarizzazione.

Come sempre nella ricerca scientifica i risultati nascondono una piccola porta, questo si è uno "stargate", a scoperte ancora più importanti: la mappa di Planck già ora sembra indicarla, dato che conferma ora, grazie al maggior dettaglio, le disomogeneità fra Nord e Sud dell'Universo, come visto da noi, e già rivelate dai satelliti Nasa sono un grande punto interrogativo, difficile da spiegare con le teorie attuali, così come un'evidente zona "fredda" nella mappa. Sembrano quasi dirci che c'è bisogno di una nuova missione spaziale per capirci ancora di più.

» Di cosa è costituito l'Universo?

» L'apporto italiano al satellite europeo Planck

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