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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2013 alle ore 08:18.

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Felice Pantaleo è un fisico, si definisce uno di quegli scienziati che misura eventi rari, anzi ultrarari. «Uno su 10 alla 10 – afferma ma poi si corregge – come dire un ago in centomila pagliai». L'anno prossimo al Cern di Ginevra partirà l'esperimento NA62. «Nella pratica vogliamo bombardare con un fascio di protoni un bersaglio di berillio per trovare indizi sull'esistenza di una nuova fisica». Per il Cern significa individuare quel fenomeno in grado di aprire nuove sfide nella fisica delle particelle. «Il supercalcolo noi fisici lo usiamo da decenni – sottolinea –. In questi ultimi 2-3 anni però i sistemi di supercomputing (le piattaforme multi e many cor, tiene a precisare ndr) e in particolare le Gpu stanno aprendo nuove opportunità». Nella fisica delle particelle ad esempio una delle grandi sfide è distinguere gli eventi interessanti, ciò vuol dire passare da molti milioni di eventi ogni secondo a qualche migliaia di eventi da analizzare. Le Gpu (graphics processing unit ndr) a differenza dei sistemi x86 multi core sono stabili in latenza e a differenza delle Cpu sono più adatte al calcolo parallelo e intensivo. Sono dei piccoli orologi che non perdono un colpo anche ad altissimi carichi di elaborazione. Ma al di là dell'analisi dei dati dei test, per la prima volta – tiene a sottolineare Pantaleo –, c'è l'opportunità per i fisici di sostituire l'elettronica fatta ad hoc per un esperimento scientifico (e quindi molto costosa) con processori completamente programmabili (nella fattispecie le Gpu).
Quello di Pantaleo non è un caso isolato. Sono numerose le università e i centri di ricerca che si sono dati appuntamento qui a San Jose in California al Gtc (Gpu technology conference) alla corte di Nvidia, uno dei più grandi produttori di chip e schede grafiche del mondo. Sono ricercatori, la maggior parte giovanissimi e lavorano nei laboratori ma anche nelle divisioni di ricerca e sviluppo di grandi aziende. Si va dalla chimica quantistica agli studi sul clima. Dalle applicazioni per studiare la dinamica dei liquidi alle simulazioni di finanza computazionale. «Sono tutti qui perché imparando a programmare le Gpu possono avere macchine per il supercalcolo parallelo a basso prezzo e adeguarle per i loro scopi di ricerca», spiega Giovanbattista Mattiussi di Eurotech, partner di Nvidia nel supercomputer Eurora. All'industria fanno un favore perché producono codice, in cambio possono sperimentare algoritmi in un settore come quello dell'high performance computing (Hpc). Anzi, aggiunge Mattiussi: «rispetto al settore privato queste università hanno un vantaggio di cinque anni». Eppure, quella della Gpu è davvero una storia strana. Una decina di anni fa nessuno avrebbe scommesso su un loro impiego nel supercalcolo. Sono co-processori specializzati, nati per il mondo della grafica e dei videogiochi. «Agli inizi degli anni Novanta – racconta Edmondo Orlotti – i computer funzionavano così: la Cpu si occupava di fare i calcoli mentre le Gpu si limitavano a muovere i pixel sullo schermo». Solo a partire del 2000 si è incominciato a usare le Gpu anche per "fare i conti". E nel 2008 sono nati i primi ambienti di sviluppo come ad esempio Cuda di Nvidia. Da quel momento è iniziata l'adozione da parte delle università che hanno iniziato a "giocare" con gli "acceleratori".
Quello del supercalcolo parallelo alla portata di tutti (per modo di dire) è però un business ancora piccolo ma con altissimi margini e, secondo gli analisti, con grandi prospettive. Sulla palla c'è Amd e anche Intel naturalmente che però solo l'anno scorso ha lanciato Xeon Phi, una scheda "acceleratrice" basata su set di istruzioni x86. Concettualmente diversa da quella di Amd e Nvidia, la piattaforma Phi promette di non richiedere linguaggi ad hoc di programmazione. Il che si tradurrebbe in un vantaggio di non poco conto. Attualmente però è Nvidia ad avere più codice sviluppato.
«Un altro vantaggio delle Gpu – aggiunge Matiussi – è che a parità di watt offre più capacità di computazione. Proprio per questo c'è un mercato abbastanza nuovo che si sta aprendo con applicazioni nel settore militare, dell'automotive e dei robot. Come nel caso di Francesco Baralli, assistente scientifico del Centro per la ricerca e la sperimentazione marittima che fa parte della Science technology organization della Nato. Lui è uno dei papà di Muscle Auv, un drone sottomarino di 4,5 metri di lunghezza con un'elica orientabile. Tornerà in mare a ottobre per fare quello che sa fare meglio: cercare mine. «L'uso delle Gpu serve per affinare l'elaborazione al l'interno del veicolo – racconta –. In mare non puoi usare le onde radio e quindi non puoi controllare a distanza il veicolo. Deve renderlo il più autonomo possibile capace cioè di discernere tra un oggetto naturale e un oggetto prodotto dall'uomo come ad esempio una mina. Gli devi insomma dare intelligenza e pretendere che non consumi troppa energia».
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