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Questo articolo è stato pubblicato il 13 giugno 2013 alle ore 16:13.

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Un'équipe di ricercatori dell'Università di Toronto ha sviluppato un chip basato su una tecnologia elettrochimica di riconoscimento dei biomarcatori, che è in grado in pochi minuti di identificare i batteri patogeni presenti in un campione di liquido organico, e anche di segnalare se i batteri individuati sono resistenti a determinati antibiotici.

Un'infezione batterica può essere mortale, ma con la tecnica della coltura in laboratorio si possono impiegare giorni a identificare il batterio responsabile, e altri ancora per selezionare l'antibiotico efficace contro di esso. Molti batteri hanno infatti sviluppato una resistenza agli antibiotici più comuni. Spesso i medici, non avendo strumenti per riconoscerli in tempo utile, per andare sul sicuro usano cocktail di antibiotici. Ma è proprio l'utilizzo indiscriminato di questi farmaci a selezionare ceppi di batteri più resistenti.
Il chip, descritto in un articolo su «Nature Communications» firmato da Brian Lam, Edward Sargent e altri ricercatori, è un notevole passo avanti, dato che si tratta di un mezzo economico e in grado di trovare la soluzione nel giro di due minuti. Questo perché sulla sua superficie sono presenti sensori capaci di individuare ogni tipo di biomarcatore, lavorando in parallelo. È sufficiente che la concentrazione dei patogeni
sia pari a quella che si riscontra in pazienti con infezioni del tratto urinario.
Un'azienda di Toronto, la Xagenic, ha già ricevuto dal governo canadese un finanziamento di un milione di dollari per lo sviluppo di questa tecnologia diagnostica, che verrà commercializzata con il marchio AuRA.

La diffusione di tecnologie simili, in grado di arrivare in pochi minuti a risultati che prima avrebbero richiesto centinaia di test separati, avrà sicuramente un impatto significativo sull'efficacia delle terapie.

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