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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2013 alle ore 08:27.

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Lo stato di salute dell'industria videoludica si misura anche attraverso il numero di titoli indipendenti capaci di uscire dall'anonimato. Come e forse più che in altri settori, le produzioni avulse da editori mastodontici costituiscono il bacino più florido in termini di creatività e innovazione, nei contenuti quanto nelle dinamiche ludiche. Il loro successo è linfa vitale per tutti, come il 2012 di «Journey» e «The Walking Dead» ha ribadito.
Non è quindi un caso che in molti abbiano criticato la performance di Microsoft alla E3 per la scarsa attenzione riservata agli sviluppatori privi di publisher – cui l'accesso a Xbox One parrebbe bandito – e abbiano invece applaudito Sony per l'ampia parentesi dedicata e per l'effettività del self-publishing su Playstation Network.
I colossi hanno comunque gareggiato nel proclamarsi paladini degli studi indipendenti. Se il vanto è apparso inopportuno nel caso di «Minecraft: XboxOne Edition» – il gioco di Mojang è ormai un blockbuster in 66 Paesi e per 6 milioni di "costruttori" virtuali –, Microsoft si è dimostrata ben più legittima con il thriller game «D4», firmato Hidekata Suehiro (il designer di «Deadly Premonition»), e con «Below» di Capybara Games, software house già premiata per Swords & Sworcery.
Fra i tanti annunci, Sony ha mostrato i muscoli con «Rain», adventure suggestivo per PsVita atteso dalla Gamescom 2012, e soprattutto con «Transistor», un rpg fantascientifico realizzato da Supergiant Games.
Vincendo la tradizionale prudenza nei confronti dell'indie, anche Nintendo si è indicativamente buttata nella mischia. E se solo tre mesi fa la pubblicazione sul suo eShop escludeva chi non possedesse un ufficio separato dall'abitazione – direttiva precauzionale dei boss di Kyoto –, all'E3 Satoru Iwata, prima di presentarli, ha ringraziato con deferenza gli «indipendenti della casa»: fra tutti, il suggestivo «Ballpoint Universe» di Arachnid, uno shooter a scorrimento laterale "disegnato a mano".
Come prevedibile, gli azzardi più stimolanti si sono tuttavia visti lontano dai mastodonti. Le sezioni curate dal festival Indiecade e i 10 trionfatori del concorso Indies Crash E3 – occhio al survival horror «Doorways» di Saibot Studios – hanno portato a Los Angeles giochi capaci di forzare i confini contenutistici, o di rinnovare le modalità di interazione anche grazie a sistemi come l'head-mounted display per la realtà virtuale, Oculus Rift, o i micro visori modulari di Sifteo Cube: l'apice è costituito da titoli come «That Dragon», «Cancer», parte documentario e parte poema visivo, con cui gli autori, Ryan Green, Josh Larson, Jon Hillman e Nat Iwata, rendono ludica l'esperienza di un genitore alle prese con un figlio affetto da tumore; «Dominique Pamplemousse», la commedia musicale interattiva e in stop motion di Deirdra Kiai; o «Tower of Guns», lo shooter di Terrible Posture Game capace di ribaltare certi cliché da fps.
Pur in ritardo, l'Italia si muove. Lungi dal costituire anche solo la parvenza di un sistema industriale, produzioni di carattere per lo più artistico o sperimentale vanno affiancandosi a realtà più strutturate, dall'anima commerciale ma dallo statuto tuttora indie. Se allora la milanese Forge Reply si appresta a pubblicare «Joe Dever's Lone Wolf», un'originale rivisitazione digitale dei libri game celebri a fine anni 80, la romana Kunos Simulazioni porterà su Steam il driving simulator forse più accurato al mondo: «Assetto Corsa». Ovosonico, studio varesino di ex cervelli in fuga guidato da Massimo Guarini («Naruto - Rise of Ninja») è già un passo oltre: dallo scorso novembre sviluppa proprietà intellettuali nuove per conto di Sony.
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