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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2013 alle ore 08:26.

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Dalla fine del 2014 diventerà obbligatorio scrivere in etichetta se il prodotto alimentare contiene nanomateriali. Anche se a oggi non sono stati segnalati rischi importanti, i consumatori hanno il diritto di sapere cosa mangiano e quindi servono ulteriori studi sulla nano-sicurezza. Cosa che sta cercando di capire La Food safety authority britannica con due progetti i cui risultati sono attesi nei prossimi mesi.
Tim Lang, professore di Politiche alimentari alla London's City Univerity suggerisce anche di coinvolgere i consumatori fin da subito (e non come è successo per gli Ogm) in questo percorso che lui definisce "democrazia alimentare". «Occorre riallineare il cibo con la sostenibilità planetaria – dice -. Già alla fine del 18esimo secolo, l'economista Thomas Malthus ha dipinto un quadro fosco del futuro, in cui l'agricoltura non sarebbe bastata a sfamare una popolazione in crescita». In effetti, oggi un europeo si nutre come se avesse a disposizione 2-3 pianeti e un americano come se addirittura ne avesse 4-5. «Nel 21 secolo – continua – dobbiamo costruire un sistema alimentare che abbia un minore impatto sulla biodiversità, che sfrutti meno terra e non contribuisca al cambiamento climatico. L'obiettivo è quindi aiutare le persone a mangiare sano, ma nei limiti ambientali. Perchè in palio c'è il nostro futuro».
Non ha alcun timore in tema di sicurezza, Frans Kampers, coordinatore dell'innovazione all'Università di Wageningen (Paesi Bassi) secondo il quale il cibo è naturalmente un materiale nanostrutturato: «Solamente bollire un uovo provoca cambiamenti su nanoscala, le proteine cambiano forma e si aggrovigliano e l'uovo diventa bianco e solido. Ora abbiamo la possibilità di studiare esattamente ciò che avviene a livello nano e usare questa conoscenza per progettare nuove nanostrutture e migliorare il nostro cibo». In effetti le nanotecnologie negli alimenti possono contruibuire a migliorar lo stato di salute. «Prendete la maionese – spiega Kampers: con le nanotecnologie è possibile tagliare il contenuto in grassi del 15% senza incidere sul gusto. Oppure sviluppare nano-capsule da aggiungere agli alimenti per l'apporto di vitamine o integratori. E ancora, si possono ridurre gli sprechi: nanosensori sulle confezioni possono uccidere eventuali batteri o avvertire se è in corso una contaminazione. Spesso infatti gettiamo alimenti perfettamente commestibili inutilmente».
La trasformazione dei prodotti alimentari è dunque un dato di fatto, e c'è addirittura chi sta tentando una produzione alimentare molecolare, cioè la creazione di alimenti partendo dagli atomi di base – carbonio, idrogeno, ossigeno, ecc. senza necessità di suolo, semi o animali. Così mentre la popolazione cresce, di pari passo aumenta l'importanza delle nuove tecnologie alimentari. E la sfida per nutrire 9 miliardi di persone nel 2050 poggia anche sulla nanotecnologia. La Fao afferma che entro quella data la produzione globale di cibo sicuro e nutriente deve aumentare del 70%. Tuttavia, il miglioramento della resa è solo un aspetto. «Altrettanto importante è preservare e proteggere ciò che viene prodotto – precisa Clara Silvestre, dell'Istituto di chimica e tecnologia dei polimeri (Ictp) del Cnr di Pozzuoli –. Una grande quantità di cibo – circa il 30-40% del totale – viene infatti perso tra le fasi di produzione e consumo. Questo è inaccettabile, anche per l'impatto ambientale».
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Dialogo. NanOpinion è un progetto finanziato dalla Comunità europea che riunisce17 partner da 11 paesi allo scopo di monitorare l'opinione pubblica in relazione alle nanotecnologie.

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