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Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2013 alle ore 18:52.
In un auditorium strapieno, all'Università Milano-Bicocca, Fabiola Gianotti ha incontrato un pubblico di studenti, docenti e curiosi per parlare del proprio lavoro in qualità di direttrice del progetto Atlas, uno dei due esperimenti del Cern che hanno condotto alla scoperta del bosone di Higgs.
Intitolato "Il bosone di Higgs e la nostra vita", il seminario ha ripercorso la storia del progetto a partire dalla costruzione del Large Hadron Collider, un tunnel circolare lungo 27 chilometri in cui fasci di protoni vengono accelerati con un'energia pari a quella di una portaerei lanciata a dodici nodi e fatti scontrare all'interno di una camera definita "il luogo più freddo dell'Universo", dato che ha una temperatura di 2 °K, un grado in meno di quella media del Cosmo.
Tutto questo per dimostrare l'esistenza del bosone di Higgs, la particella che, nei primi istanti dopo il Big Bang, avrebbe determinato la massa di tutte le altre. Senza di essa non potrebbero esistere gli atomi, e l'Universo sarebbe completamente diverso da come lo conosciamo.
Perché investire tanto in questo tipo di ricerca? La scienziata ha risposto descrivendo le numerose ricadute tecnologiche del Cern, come la topografia a emissione di positroni, o persino il Web. Ma ha anche sottolineato come arte e scienza siano tra le attività più elevate che gli esseri umani possano intraprendere, e perciò vadano sostenute anche quando non c'è un ritorno immediato.
A questo proposito, Gianotti ha ricordato come la storia della fisica delle particelle sia ricca di contributi italiani, con due premi Nobel come Enrico Fermi e Carlo Rubbia, e con Edoardo Amaldi tra i fondatori del Cern: una tradizione che i tagli alla ricerca di base, che costringono i migliori talenti italiani a emigrare all'estero con poche speranze di ritorno, rischiano di inaridire.
La ricercatrice ha anche spiegato che le donne all'interno del Cern, pur essendo ancora in netta minoranza, sono in aumento. Lei comunque non ha mai incontrato difficoltà per la sua appartenenza al genere femminile, come dimostra anche la sua elezione a capo del progetto dal 2009 al 2013. «Al Cern - ha affermato -, conta solo il valore. L'idea dell'ultimo degli studenti, se è valida, viene considerata quanto quella del capo».
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