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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2013 alle ore 19:57.

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Negli Usa mezzo milione di posti di lavoro da un milione di applicazioni

Accessoriati di fotocamera, dotati rigorosamente di connessione e gps, pienamente inseriti nell'ecosistema digitale con tutti i social network integrati e i software per processare ordini e ricevere offerte.
Così smartphone e tablet stanno consentendo a migliaia di lavoratori di reinventarsi una professione. E iniziano a moltiplicarsi storie di dipendenti che lasciano il posto fisso per carriere digitali, senza avere necessariamente elevate competenze informatiche. È la App economy, ovvero la rivoluzione professionale a suon di app.

Il trend è in crescita e trova terreno fertile soprattutto Oltreoceano. Ad esplicitarlo è la Commissione europea, che il 14 giugno ha lanciato il workshop Eurapp, all'interno della sua iniziativa Startup Europe (a sua volta inserita nell'Agenda digitale Ue), al servizio dei neo-imprenditori digitali. Nei documenti preparatori della conferenza – che mira a raccogliere dal basso proposte su come incentivare la app economy in Europa – è accreditata la stima della società di analisi GigaOM, secondo cui la creazione e la gestione di un milione di app, finora, negli Usa hanno creato mezzo milione di posti di lavoro dal 2007 a oggi.

Per il 2013 si stima un mercato globale delle app di 25 miliardi di dollari, con un tasso di crescita del +62% rispetto allo scorso anno. Ad oggi le app sono per il 72% su Google Play e per il 56% sull'Apple Store.
E in Europa? Statistiche non ce ne sono ancora (anche a questa mancanza di dati intende rimediare l'iniziativa Eurapp) ma Abi Research stima introiti dalle app di tablet e smartphones per 92 miliardi di dollari entro il 2018, e una app economy in crescita del 44,6% medio annuo.

Il boom delle app - e la relativa proliferazione di nuovi lavori legati al loro utilizzo - rappresenta un cambio di passo paragonabile alla diffusione di massa di Internet nelle case e negli uffici. Non solo si creano nuovi lavori, ma si modificano anche quelli tradizionali.

Non a caso, il «Wall Street Journal», in un articolo girato in tutta la rete e fra i più cliccati online per settimane, ha raccontato i casi delle app Poshmark (vendita online di abiti e accessori) e EasyShift (che consente di usare il cellulare per l'inventario dei documenti, lavorando a domicilio) come esempi di applicazioni che stanno cambiando la vita non solo ai fondatori, ma anche ai loro utilizzatori.

Così il lavoro si reinventa, con nuove metriche e strumenti. Anche in Italia affiora questo business, come si è visto anche alla Fiera delle start up del Gruppo 24 Ore (organizzata con Nòva24 e Radio24), svoltasi ieri, con più di 1.500 persone che affollavano la sede di Milano del Sole 24 Ore (si veda l'articolo a pagina 44).

Uno fra i primi italiani a intuire le potenzialità della app economy è Antonio Bevacqua. Da ricercatore universitario s'è inventato Condomani, un social network gestionale per il mondo dei condomini rivolto a cittadini, amministratori e professionisti della manutenzione: grazie a una app oggi oltre 1.500 condomini in tutta Italia sono amministrati abbattendo costi di gestione.

Stefano Covolan è un altro giovane startupper. La sua app si chiama Yourp e permette all'utente di lasciare messaggi geolocalizzati nei luoghi preferiti.
Francesco Cucari è il fondatore del Dizionario dei rifiuti: la sua app orienta i cittadini nella raccolta differenziata, con motore di ricerca integrato e un calendario di raccolta suddiviso per i quartieri.

Davide Algeri ha iniziato a esercitare la professione di psicologo con una app per iPhone: così il consulto all'esperto viene richiesto direttamente in mobilità.
Però l'app economy da noi vira verso professioni tradizionali che cercano nuovi mercati, intercettando clienti prospect e provando a fidelizzare quelli attuali. Così si spiega il successo della app costruita in casa dalla famiglia Mulfari: padre e figlio di professione fanno gli imbianchini e in mobilità riescono a rintracciare clienti e pianificare l'agenda delle loro commesse.

Sebbene siano ancora scarsi i dati su questo sviluppo economico, gli investitori si spingono a ritenere che non sarà una nuova bolla: la app economy è tra noi ed è fatta per restare.

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