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Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2013 alle ore 15:47.

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Nella foto il prof. Marco Lanzetta (a destra) con Walter Visigalli, il primo ad aver subito il trapianto della mano (Olycom)Nella foto il prof. Marco Lanzetta (a destra) con Walter Visigalli, il primo ad aver subito il trapianto della mano (Olycom)

Walter Visigalli si è fatto amputare la mano trapiantata 13 anni fa. L'uomo, 48 anni, era stato protagonista del primo trapianto di mano in Italia, un intervento durato 13 ore, nel 2000, al San Gerardo di Monza. Visigalli aveva perso la mano a soli 20 anni in un incidente. Ora ha scelto l'amputazione perché, dopo anni in cui le reazioni di rigetto si erano presentate in forma leggera, negli ultimi tempi la situazione era peggiorata e rischiava la cancrena dell'arto e la setticemia.

Eppure la storia di Visigalli sembrava destinata a un epilogo completamente diverso. Contrariamente al primo trapiantato al mondo, il neozelandese Clint Hallam (che subì l'intervento due anni prima e dopo appena un anno chiese di farsi amputare l'arto), Visigalli si era sempre mostrato entusiasta dell'intervento. Alla storia era passata la stretta di mano, nel 2001, tra lui e il secondo paziente italiano a ricevere il trapianto della mano, Gianni Di Antonio. Entrambi erano stati operati al San Gerardo di Monza dal chirurgo Marco Lanzetta. Il 48enne si si era impegnato a fondo nella riabilitazione. Tuttavia le crisi di rigetto, all'inizio lievi, sono aumentate con il tempo. Negli ultimi due anni, il dolore si era fatto fortissimo ed era aumentato il rischio di cancrena. Così Visigalli ha dovuto abbandonare il suo sogno durato 13 anni e amputare la mano, trapiantata nel 2000. L'operazione è stata eseguita, martedì scorso, presso la clinica milanese Columbus.

Tra poche settimane la protesi bionica
Walter Visigalli avrà presto un'altra mano nuova, c'è una protesi bionica che verrà inserita a breve: «Il nuovo percorso è già iniziato e contiamo di essere velocissimi: i tempi per l'impianto della protesi dovrebbero essere di 4-6 settimane. Dopo un po' di tempo dal trapianto di 13 anni fa, l'area della corteccia cerebrale collegata all'arto si era riattivata riportando segnali della mano nuova. Questo fenomeno potrà essere di grande aiuto per l'impianto di una protesi bionica che potrà essere applicata nei prossimi mesi» ha annunciato il professor Lanzetta, che continua la sua attività all'Istituto italiano di chirurgia della mano di Monza. Il chirurgo tiene a precisare che la storia di Visigalli «non va assolutamente vista come un fallimento. La vicenda ha un epilogo comunque positivo - sostiene - perché per tanti anni abbiamo permesso a Walter una vita piena, un lavoro, una progettualità senza particolari problemi legati alla terapia. La rinuncia all'arto è stata una decisione serena e condivisa».

La storia dei trapianti ha ancora un futuro
«La storia dei trapianti di mano non e' affatto finita. Questi interventi hanno ancora un senso e un futuro». Lo afferma il professor Lanzetta: «Proprio in questo momento sto andando in Sudamerica a un convegno sui trapianti di mano, la' incontrerò tanti colleghi che stanno lanciando i loro programmi... Gli interventi sono stati in tutto un'ottantina. Io ne ho eseguiti 5, non tutti in Italia. Il sesto è un paziente toscano che ho operato a Lione per un doppio trapianto di mani, e in lista ne ho altri due».
«La sfida affascinante - conclude - ora riguarda anche le nuove protesi bioniche». Come quella che verra' impiantata a breve su Visigalli, seguito da una psicologa dopo il nuovo intervento, come gia' dopo il trapianto del 2000.

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