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Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2013 alle ore 14:06.

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Giornalisti «stampatori» in tre dimensioni: la prova di Sharebotpro

Il primo sibilo lo ha emesso il 14 maggio. Quando è entrata nella redazione di Nova24 è stata una gioia grande: un cubo di venti centimetri di lato, tutto legno e plastica con un doppio estrusore in metallo già bello che formato. È proprio vero: la prima volta che si incontra una stampante in 3D non si scorda mai. Lei è un (o una) SharebotPro (il sesso non conta), una piccola printer 3D italianissima. Nel nostro caso si è trattato non di una adozione ma di un prestito.

Per impratichirci ci siamo affidati a Replicatot G, un software (opensource) che permette di regolare tutti i parametri della stampante 3D che determinano la buona riuscita della stampa e la messa in macchina dell'oggetto. I parametri principali e basilari che abbiamo settato tramite Replicator G sono: disposizione sul piano di lavoro dell'oggetto, tipologia di materiale usato, densità del riempimento del pezzo, numero di strati esterni del pezzo, altezza dello strato e velocità dell'estrusione. Gli altri settaggi (più tecnici) non lo abbiamo neppure guardati. Per partire ci siamo appoggiati alle gallery di oggetti presenti su Thingiverse (http://www.thingiverse.com). Il primo oggetto doveva essere un portacenere ma si è sgonfiato come un soufflè. Il secondo presentava dei buchi come un formaggio gruviera. Modificando però i paramentri nel giro di tre ore la redazione ha prodotto: un posacenere a forma di teschio grande circa 10 x 10 cm, uno a forma di bomba a mano, un portacuffi, un dock per iPod nano, un portachiavi con la testa di Darth Vader, una vite e le lettere per comporre la scritta di Nova24. Si sta ora lavorando alla lampada della Pixar (montabile).

Insomma, dopo un po' di pratica qualcosa si ottiene. Certo, Non è un giocattolo ma un generatore di piattaforme. Le più note sono quelle consumer. Accanto a Sharebot c'è l'Italiana KentStrapper che è già alla sua quarta generazione. «In generale – spiega il fondatore di Sharebot Andrea Redaelli (28 anni) – la tecnologia Fdm (fused deposition modelling) è la più usata per le stampanti consumer (sotto i 3.000 euro), in quanto il modello creato non necessita di particolari processi post realizzazione (se non di una pulizia dove necessario), rispetto le altre tecnologie». Ma quello delle stampanti consumer è solo l'aspetto più pop di un ecosistema che si sta sviluppando sulla base di due direttrici: quella tecnologica (si veda l'illustrazione in alto) e quella legata ai materiali (polvere, liquido e solido). Nel primo caso le differenze principali riguardano il modo in cui sono costruiti gli strati per creare le parti. Alcuni metodi usano materiali che si fondono o si ammorbidiscono per produrre gli strati, (selective laser sintering e la modellazione a deposizione fusa (fused deposition modeling), mentre altri depongono materiali liquidi che sono fatti indurire con tecnologie diverse. Un altro approccio usa un laser per sinterizzare il mezzo e formare il solido (selective laser sintering direct metal laser sintering) che usano metalli. E poi ci sono le configurazioni ultrasottili sono realizzate mediante la tecnica di microfabbricazione 3D della fotopolimerizzazione a due fotoni. Alla variabile tecnologica e legata ai materiali se ne sta aggiungendo una di mercato.

Lo dimostra l'acquizione da parte di MakerBot, la prima ad aver intrapreso la consumerizzazione della stampa in 3D, da parte di Stratasys, un gigante che fornisce il 44% di tutte le stampanti 3D del mondo, rimanendo per il sesto anno consecutivo leader del settore. Per una cifra piuttosto interessante: 400 milioni di dollari. Più di quattro volte il fatturato atteso per quest'anno da Makerbot. Un prezzo di questo tipo non si spiega solo con i brevetti e i clienti vip di Makerbot (come a esempio General Electric e Nasa). L'industria della prototipazione rapida crea un valore che non è direttamento proporzionale al mercato di sbocco. La macchine per la stampa in 3D più che servire settori diventano nodi di sviluppo per nuovi mercati (design, tecnologia, edilizia, moda), frontiere di innovazione (medicina e cibo) e strumenti di creatività aperti e low cost. Attraverso loro è nata una nuova manifattura, le cui regole sono ancora tutte da decidere.

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