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Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2013 alle ore 14:06.

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Medicina e gaming alleate per insegnare la rianimazione - Video

Il primo manichino per la rianimazione della storia ha il volto di una ragazza francese trovata morta nella Senna nel 1890. Pochi sanno che a far rivivere – simbolicamente – il suo bellissimo viso fu l'incontro fortunato, alla fine degli anni '50, tra un medico americano Peter Safar (inventore della tecnica della rianimazione cardio-polmonare) e un fabbricante di bambole, il norvegese Asmund Laerdal. Resusci Anne è diventata la prima di una lunga serie di manichini, usati per preparare milioni di soccorritori.

Oggi un altro progetto di rianimazione nasce dall'incontro tra la medicina e il mondo dei giochi. Proprio dalla contaminazione tra competenze ed esperienze diverse arriva Mini-Virtual Reality Enhanced Mannequin (Mini-Vrem). «Io sono un ingegnere con la passione per la medicina mentre Federico Semeraro è un medico con la passione per la realtà virtuale» racconta Antonio Frisoli, che guida l'area Human-Robot Interaction al laboratorio Percro, della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa. Semeraro è un anestesista (lavora all'ospedale Maggiore di Bologna), componente del direttivo dell'Italian Resuscitation Council, l'associazione scientifica non profit che vuole diffondere la cultura della rianimazione cardiopolmonare (Rcp) e che si occupa anche di formazione.
Frisoli e Semeraro – assieme a Studio Evil che sviluppa videogiochi – hanno messo a punto una tecnologia che rende facile, efficace ed economico l'autoapprendimento dell'Rcp. Una persona pratica pressioni su un cuscino o una bambola (non è necessario un costoso manichino) e Kinect, il sensore di movimento della Xbox, registra i movimenti della mano e delle braccia e li invia a un software, elaborato ad hoc, che analizza la profondità del massaggio e la sua frequenza. Così l'utente può verificare la validità o meno del suo intervento. Questa tecnologia ha subito uno studio randomizzato di validazione: con il Mini-Vrem è stato raggiunto un numero di compressioni adeguate rispettivamente superiore di circa 5 volte per la profondità e di circa 2 volte per la frequenza.
«La formazione ha costi molto alti, in termini di tempo e di impiego di personale – spiega Semeraro – E le tecnologie per l'autoapprendimento costano sui 30mila euro». Mentre con il Mini-Vrem i costi complessivi sarebbero nell'ordine di poche centinaia di euro: è sufficiente un pc e il Kinect.
Ma il progetto non profit vuole andare oltre il pubblico degli addetti ai lavori. Perché se si iniziasse l'Rcp prima dell'arrivo dell'ambulanza le possibilità di sopravvivenza di una persona colpita da infarto sarebbero di due o tre volte superiori. Per questo Mini-Vrem sta diventando anche un serious game, grazie a 200mila euro del Future for Health Award, assegnati al team italiano da una giuria internazionale. «Ci sono più di 14 milioni di Kinect nel mondo. Si potrà potrà scaricare gratuitamente questo gioco educativo e imparare l'Rcp» spiega Semeraro che ricorda che, in caso di emergenza, chiunque può intervenire (in extremis anche chi non abbia ricevuto un addestramento). Nei prossimi mesi, assieme a Luca Marchetti dello Studio Evil, studieranno le migliori dinamiche di gamification.
Con l'uscita di Kinect 2 si apre la prospettiva di analizzare anche le pulsazioni di chi fa il massaggio (parametro importante perché la Rcp è faticosa) e di sfruttare i comandi vocali per costruire un tutor che aggiusta la postura o un avatar del 118. Non solo. Si sperimenterà l'uso dei caschetti di realtà virtuale (tipo Oculus Rift), che rendono l'esperienza più immersiva, aspetto importante sia per giocare sia per imparare.

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