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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2013 alle ore 08:20.

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Il dominio .kosher diventa una battaglia da 17 miliardi di dollari

Rabbini contro rabbini. Una faida digitale che si è giocata virtualmente nel lontano Sudafrica e precisamente a Durban, città che ha ospitato questa settimana (dal 14 al 18 luglio) il meeting internazionale dell'Icaan (Internet Corporation for Assigned Names e Numbers), l'organismo che controlla su scala globale l'assegnazione dei nomi di dominio della grande Rete. La battaglia in questione vale il controllo del suffisso .kosher, termine che rimanda al vocabolo "kosherut", che nell'accezione comune indica l'idoneità di un cibo ad essere consumato dal popolo ebraico.

Il punto focale della questione è la seguente: cinque organizzazioni (Orthodox Union, Star-K Kosher Certification, Chicago Rabbinical Council, Kashruth Council of Canada e Kosher Supervision Service, meglio conosciuta come Kof-K) si sono unite per opporsi al solo richiedente del dominio generico di primo livello "dot-kosher", la Kosher Marketing Assets Llc, puntando l'indice sull'uso non adeguato e a meri fini di lucro di quella che è una tradizione sacra. Le due parti, entrambe attive nel business della certificazione degli alimenti con il "marchio" kosher, sono in disaccordo su come gli utenti del Web potranno trovare questi prodotti in futuro.

Da un lato c'è la tesi di Harvey Blitz, presidente della Kashruth Commission in seno alla Union of Orthodox Jewish Congregations of America, entità con sede a New York cui fa capo l'agenzia OU Kosher, il più grande ente certificatore al mondo e che rappresenta il pensiero dei gruppi di cui sopra. Pensiero che è il seguente: la commercializzazione della parola "kosher" farà un cattivo servizio al modo di intendere la religione. Oltre che un danno ai consumatori.

Alla Kosher Marketing Assets, divisione della OK Kosher Certification, società di stanza a Brooklyn e diretta concorrente della OU Kosher, ovviamente sono di diverso parere. Il Ceo Don Yoel Levy sostiene di non aver mai preteso di controllare in modo unilaterale il nome del dominio oggetto di contesa e si dice disponibile alla collaborazione con i cinque gruppi.

Un mercato miliardario. I prodotti che sono certificati "kosher" includono cereali per la colazione molto popolari negli Usa, come i Kellogg's Rice Krispies, e cibi della tradizione ebraica come il pane azzimo. La dimensione del mercato per i prodotti alimentari certificati dovrebbe raggiungere nel 2013, secondo la società di ricerca Packaged Facts, il tetto dei 17 miliardi di dollari. Controllare in modo esclusivo il nome di dominio potrebbe regalare, secondo gli analisti, un vantaggio competitivo decisivo a livello di filiera, mettendo ai margini gli operatori concorrenti.

Per i nuovi "top level domain", l'Icann ha iniziato ad accettare le domande nel gennaio 2012. Nel mese di novembre, la Kosher Marketing Assets ha presentato una domanda per il .kosher mettendo sul tavolo i circa 200mila dollari necessari per completare l'iter procedurale della registrazione e fissando in 600 il numero di licenziatari del dominio previsti entro i primi tre anni (fra i suoi clienti ci sono le aziende che producono i cereali Fruity Pebbles e il caffè Maxwell House).

Saltata la possibilità di trovare un accordo con l'Unione ortodossa, ecco nascere i presupposti per la battaglia che ha già conosciuto un primo capitolo legale con l'obiezione formale presentata dai cinque gruppi all'Icann e l'appello inviato al nuovo segretario del commercio Usa, Penny Pritzker.

La questione del .halal. A Durban, intanto, l'Icann ha cominciato ad assegnare i primi nomi fra le 1.930 proposte di dominio ricevute, a cominciare da quelle non in lingua inglese. Qualcuno ipotizza che la soluzione alla controversia "dot-kosher" sia da cercare nell'esito delle domanda relativa al suffisso .halal, termine che si riferisce alle norme musulmane in materia di preparazione e consumo del cibo.

Emirati Arabi Uniti, India e Arabia Saudita hanno già annunciato ufficialmente decisa opposizione a qualsiasi entità che voglia prendere possesso del .halal. I cinque gruppi ortodossi hanno chiesto al Governmental Advisory Committee dell'Icann di considerare allo stesso modo, e quindi assimilarli in termini di applicazione, i due domini mentre Kosher Marketing Assets evidenzia come nessun Paese abbia avanzato lamentele contro la sua domanda. La partita, religiosa e non solo, è aperta.

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