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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2013 alle ore 08:23.
È una storia con un happy end da 1,16 miliardi di dollari quella che ha come protagonista Micromet, una biotech tedesca nata da uno spin off dell'Università di Monaco, che Amgen, l'altra protagonista della storia, ha acquistato diventando proprietaria di un'innovazione chiamata Bite, tecnologia in grado di attivare i linfociti T (cellule del sistema immunitario) contro le cellule tumorali. Un approccio terapeutico nuovo per sconfiggere il cancro.
L'uso di farmaci basati sulla biologia molecolare ha dato una svolta alla pratica clinica, ma crederci e resistere sul mercato partendo 30 anni fa non è da poco. Molte startup biotech hanno ceduto alla corte delle Big Pharma – i casi più emblematici sono stati Genzyme e Genentech rispettivamente acquistate da Sanofi e Roche – Amgen, partita con 70 milioni di dollari e aver introdotto due tra le prime terapie innovative biotecnologiche (epoetina alfa e filgrastim), ha tenuto duro ed è diventata la principale società indipendente di biotecnologia farmaceutica a livello mondiale in termini di fatturato (17,4 miliardi di dollari nel 2012), numero di dipendenti (18mila, di cui 5000 sono ricercatori) e investimenti in ricerca & sviluppo (3,4 miliardi nel 2012) in oltre 50 paesi. In Italia impiega 240 persone e sui 300 studi attualmente in corso in tutto il mondo, 331 centri con 2000 pazienti coinvolgono il nostro Paese.
Con questa struttura Amgen si può permettere di fare scouting e di osservare le nuove piccole biotech talentuose sparse nel mondo. Gli accordi di collaborazione commerciale più recenti sono di un paio di mesi fa con Astellas in Giappone e con Zhejiang Beta Pharma in Cina, ma il colpo grosso lo ha concluso a dicembre 2012 acquistando definitivamente l'islandese deCode, diventata famosa per il know how nella comprensione del legame tra il genoma e la predisposizione alle malattie in quanto "proprietaria" dei dati genetici di una determinata popolazione islandese. Un "tesoro" che dopo la bancarotta nel 2009 è ora in mano ad Amgen.
La dote di Micromet invece si chiama blinatumomab, un anticorpo monoclonale "a due braccia" che nei test finora condotti ha dimostrato di funzionare nella terapia dei tumori ematologici, in particolare nella leucemia linfoblastica acuta (Lla) e nel linfoma non-Hodgkin (Lnh). Ad avere l'idea di questo anticorpo è stato Patrick Baeuerle, ex ordinario di Biochimica all'Università di Friburgo, che oggi dirige il sito Amgen Research GmbH di Monaco di Baviera (ex Micromet) dove lo abbiamo incontrato. Come si è arrivati a questa parabola? «Da un articolo pubblicato su Science il 15 agosto del 2008, in cui veniva descritto il meccanismo di Bite e le sue potenzialità – racconta Baeuerle che è stato Cso di Micromet dal maggio 1998 e che secondo un sondaggio dell'Institute for scientific information è risultato nel 2000 il più citato scienziato biomedico degli ultimi 10 anni in Germania e 38esimo nel mondo con più di 220 articoli scientifici pubblicati. «Il resto è una questione di tenacia, quando si crede nella ricerca che si sta portando avanti, prima o poi qualcuno se ne accorge. E il consiglio che posso dare a chi si cimenta in nuovi campi è quello di non mollare». Senza dimenticare – aggiungiamo noi – la dedizione e la preparazione: nel cv del dott Baeuerle c'è un dottorato di ricerca all'Istituto Max Planck di Martinsried e nel laboratorio di Biologia molecolare europeo (Embl) di Heidelberg, più un post-doc con David Baltimore al Whitehead Institute al Mit.
due casi italiani
VisMederi. L'idea vincente di questo spin off universitario fondato nel 2009 da Chiara Gentile, Simona Piccirella ed Emanuele Montomoli, ordinario di medicina sperimentale e sanità pubblica all'Università di Siena a soli 32 anni, nasce da una constatazione: i protocolli previsti dall'Oms per convalidare un vaccino sono obsoleti, perché risalgono a decine di anni fa. Oggi la tecnologia consente ben altro, e si tratta di altro di cui le aziende hanno bisogno e che spesso non hanno: verifiche e controlli a livello molecolare e supporto nel progettare le fasi precliniche e cliniche delle sperimentazioni. Primo cliente di VisMederi è Novartis, che a Siena ha il centro mondiale per la ricerca sui vaccini e che a VisMederi (www.vismederi.com) delega una serie di controlli sui prodotti sperimentali e non, ma la company lavora anche con Baxter, colosso americano dei vaccini, e partecipa a progetti europei come Aditec (www.aditecproject.eu), nato per accelerare lo sviluppo di vaccini più tecnologicamente avanzati, o Naspanvac (www.naspanvac.com), creato per sostenere lo sviluppo dei vaccini antinfluenzali nasali in previsione di pandemie. (a. cod.)
Philogen. La formazione di nuovi vasi sanguigni indotta da un tumore o da alcune malattie autoimmuni è stata la grande protagonista dei primi anni duemila: bloccarla – si pensava – avrebbe curato. Ma non ha funzionato, almeno come ci si aspettava. Dario Neri, ordinario di chimica delle biomacromolecole all'Eth di Zurigo a soli 32 anni, oltre 200 pubblicazioni alle spalle, l'ha affrontata da un altro punto di vista. Ha pensato di usare le proteine specifiche dei nuovi vasi come bersaglio, per veicolare contro di esse anticorpi monoclonali uniti a molecole attive nel cosiddetto vascular targeting. Su questa intuizione nel 1996 ha fondato a Siena, insieme ai fratelli Duccio, laureato in Bocconi, e Giovanni, biologo, la Philogen, e ha iniziato a sviluppare molecole. Nello scorso mese di gennaio Pfizer ha acquistato in esclusiva mondiale il diritto a sviluppare il Dekavil, farmaco contro l'artrite reumatoide; la pipeline attuale ne contiene altri 4, tutti antitumorali (contro melanoma, tumore pancreatico, linfoma di Hodgkin, sarcoma e tumore della mammella) che hanno superato la fase 2. (a. cod.)
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