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Questo articolo è stato pubblicato il 15 agosto 2013 alle ore 16:49.

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Per Google la privacy su Gmail è una pretesa irragionevole

Per Google la richiesta di privacy da parte degli utenti è illegittima. Questa la tesi di Big G in risposta ad una class action avanzata negli Stati Uniti contro Mountain View.

Consumer Watchdog, associazione statunitense a tutela dei diritti dei consumatori, ha pubblicato sul proprio sito alcune delle frasi riportate nella memoria difensiva preparata dai legali di Google che verrà discussa davanti al tribunale di San José il prossimo 5 settembre.

La teoria di Big G è semplice: non ci si può ragionevolmente attendere la protezione della privacy se ci si affida in modo volontario a terze parti. Se non è ragionevole credere che una lettera inviata per posta tradizionale verrà letta dal destinatario o solo da questi, a maggiore ragione non si può pretendere che la posta elettronica offra maggiori garanzie di privacy.

La torrida estate californiana di fresco ha solo lo scandalo datagate, troppo recente per non inviperire ancora di più i detentori di 425milioni di mailbox Gmail.

Sotto accusa, principalmente, il processo automatizzato con cui le email vengono controllate, processo esplicitamente citato da Big G nel disclaimer che ogni utente deve dichiarare di avere letto quando crea il proprio account Google.

Anche in questo caso c'è una netta spaccatura: per Mountain View il processo di scanning è orientato alla pubblicità, per gli oppositori è una leggerezza volontaria che favorisce l'Agenzia per la sicurezza nazionale (Nsa). La sentenza, qualunque sarà, non sarà probabilmente sufficiente a placare gli animi.

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