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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2013 alle ore 14:53.

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Con le nanoparticelle si curano le fratture

Un'équipe di chimici e bioingegneri della Penn State University e dell'Università di Boston ha sviluppato una nuova cura contro i danni causati dall'osteoporosi, basata su nanoparticelle che rilasciano il medicinale direttamente nelle microfratture ossee.

L'uso di nanoparticelle per il trasporto di medicinali in zone specifiche del corpo umano è uno dei campi più promettenti della medicina contemporanea. Permette infatti di concentrare le sostanze attive solo nel punto in cui ce n'è bisogno, invece che diffonderle attraverso il flusso sanguigno in tutto il corpo, dove potrebbero disperdersi o avere effetti indesiderati. Perché la cosa funzioni è però essenziale trovare un metodo che consenta alle nanoparticelle di arrivare a destinazione e rilasciare solo lì il loro contenuto.

La cura, ideata dai professori Ayusman Sen e Mark Grinstaff e dalla dottoranda Vinita Yadav e descritta in un articolo pubblicato dalla rivista Angewandte Chemie, sfrutta una proprietà delle microfratture stesse. Queste, infatti, lasciano sfuggire i minerali contenuti nell'osso sotto forma di ioni caricati positivamente. Nelle vicinanze della frattura si crea così un campo elettrico, ed è sufficiente dotare le nanoparticelle di carica negativa perché vadano ad accumularsi intorno al bersaglio.

Per sperimentare la tecnica si è proceduto per gradi, utilizzando inizialmente un modello creato mediante una tibia e un femore umani. Il primo tentativo è stato effettuato con semplici punti quantici (nanostrutture dotate di carica elettrica) resi fluorescenti per essere visibili al microscopio, e si è verificato che si accumulavano intorno alle microfratture. Successivamente si è arrivati a sperimentare nanocontenitori creati con un polimero biocompatibile (Plga), contenenti milioni di molecole di un medicinale per l'osteoporosi (alendronato sodico), ma comunque 30-40 volte più piccoli di un globulo rosso. Una volta verificato il funzionamento all'interno del modello, il metodo è stato poi sperimentato su pazienti umani, in cui sono stati accertati miglioramenti visibili rispetto al gruppo di controllo.

Perché la cura passi all'applicazione pratica serviranno ulteriori studi e accertamenti, ma la promessa è di tenere sotto controllo l'osteoporosi prima che i danni inneschino fratture vere e proprie.

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