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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2013 alle ore 11:56.

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L'azzardo di Microsoft: vuole diventare la nuova Apple

Microsoft ora ha i suoi telefoni. Lo si era già intuito nel 2011 che l'abbraccio con Steve Ballmer sarebbe stato mortale per il business mobile del gigante finlandese. Due anni dopo l'ingresso del Stephen Elop nell'azienda europea l'ex manager Microsoft ritorna a Redmond con in pectore l'ambizione di prendere il posto di Steven (Ballmer).

In dote l'oramai ex a.d di Nokia porterà gli smartphone di fascia Lumia (quelli che avrebbero dovuto risollevare le sorti di Nokia contro iPhone e Samsung Galaxy) e quelli low cost targati Asha ma più che altro consentirà a Microsoft di trasformarsi nella telefonia in un'azienda integrata sul modello della Apple. Un regalo di non poco conto. Perché spendendo molto meno di Google per Motorola (12 miliardi contro i sette di Redmond) si è messa in tasca il proprio produttore di hardware, peraltro in un settore strategico come quella dei dispisitivi mobili, e asset di ricerca nel grafene e nel nanotech. In questo modo ha idealmente chiuso un cerchio che in prospettiva potrebbe permettergli di conquistare in azienda quello che era il ruolo di Rim (Blackberry) ai tempi d'oro, quando erano ancora vivi e vegeti. «Ora Microsoft può offrire ai clienti un portafoglio completo di hardware, software e servizi» ha dichiarato Adrian Drozd, research director Ict Europe di Frost & Sullivan. In altre parole potrà presentarsi alle aziende con propri servizi di cloud computing attraverso pc, tablet (Surface) e telefonini, integrando in questo modo l'offerta corporate legata ai suoi sistemi operativi di Windows 8 e Windows Phone.

La strada però è in salita. Quello dei manger Redmond rappresenta l'ultima chance per giocare un ruolo di primo piano sui dispositivi mobili. E non sarà certo facile anche perché nel mercato consumer il ruolo di Microsoft è quello del terzo incomodo. Le quote di mercato raccontano tutto: Windows Phone, il sistema operativo di Redmond rappresenta il 3,3 per cento. Per dirla in altro modo otto smartphone su dieci sono Android. Una fetta del 14% è in mano a iPhone. Il resto, le briciole, è diviso tra Microsoft, la morente piattaforma del Blackberry e un pezzo di storia della telefonia rappresentato di Symbiant. Davanti a sé il pensionando Steve Ballmer ha un duopolio che si regge su due ecosistemi di software, applicazioni e servizi che sembrano sulla carta inarrivabili. «I telefonini sono commodity», ha commentato Ronald Klingebiel, analista della Warwick Business School. «Sono finestre sui servizi cloud. Sono davvero minime le differenze tra loro. Possono cambiare colore, avere una batteria più o meno lunga e schermi touch più o meno grandi ma la sostanza è rappresentata dalla piattaforma online».

Ecco perché gli azionisti di Nokia non rimpiangeranno il business dei telefoni. Il declino del gigante finlandese non è iniziato nel 2011 con l'accordo con Microsoft. Ma ancora prima, molto prima nel 2007 quando il mondo della telefonia ha cambiato volto per sempre. In quell'anno la coppia Brin-Page Google metteva sul piatto premi per 10 milioni di dollari per attirare sviluppatori sulla propria nascente piattaforma mobile che un anno dopo avrebbe preso il nome di Android. In quei giorni Steve Jobs si stava esercitando sul palco del Moscone Center di San Franciso per presentare il suo iPhone. In quell'anno a Oulu, il più grande centro di ricerca di Nokia, tecnici e ingegneri invece di preoccuparsi su quanto stava accdendo dall'altra parte del mondo lavoravano alacremente su Symbian, il sistema operativo presente allora su tre quarti dei cellulari in circolazione. Un software che si è rivelato debole per interpretare le ambizioni dei futuri smartphone. Risultato? Sono arrivati gli smarphone e con essi è iniziato il declino del mercato dei cellulari di fascia bassa che ha affondato Nokia, dopo che per 14 anni ha dominato la telefonia mondiale.

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