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Questo articolo è stato pubblicato il 08 settembre 2013 alle ore 08:34.

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«Don't forget to mention Android». Dal palco del Tempodrom di Berlino la prima immagine del non strabiliante smartwatch di Samsung recava questa scritta sul display per ricordare che il gadget presentato nei giorni scorsi all'Ifa montava come sistema operativo quello di Google. Solo una foto perché alla conferenza non si è quasi più pronunciata la parola Android.
Quella dell'"androide" è una presenza che comunque si fa sentire. E sempre più strategica. Non solo gli orologi intelligenti di Samsung, ma tablet, smartphone, fotocamere, console per videogiochi, televisori, persino il nuovo telefono cordless di Panasonic usano tutti l'Os di Mountain View. Oltre un miliardo di device sono stati attivati. Tanto che non è stravagante immaginare a breve una invasione di androidi nell'elettronica di consumo. «I nostri elettrodomestici usano Linux - rassicura Albert Mombarg, numero uno al mondo della divisione smart tv di Tp Vision, joint venture di Philips con i cinesi di Tpv -. Preferiamo concentrarci nello sviluppare applicazioni in modo da renderci indipendenti da un sistema operativo. Ma non si può escludere nulla».
Agganciarsi al sistema operativo del colosso americano significa rendere gli elettrodomestici intelligenti senza spendere troppa energia nell'alimentare applicazioni, servizi e software. Energie e competenze che non tutti i produttori di oggetti si possono permettere. Però legarsi a doppia mandata a un sistema operativo che non si controlla, rischia di creare dipendenza. Lo sa bene Samsung che negli ultimi due anni ha parlato di Tizen, sistema operativo open source per dispositivi mobili basato su Linux. L'idea è lanciare una linea di smartphone dedicata entro l'anno. I manager all'Ifa confermano il progetto ma continuano a esprimere grande fedeltà al sistema operativo di Google. Emanciparsi dall'androide non è facile. Tuttavia, analisti come Kevin Burden di Strategy Analytics, sostengono che al gigante coreano farebbe bene ottenere un maggior controllo sul software dei suoi telefonini.
Anche perché il mercato sta cambiando. Google due anni dopo l'acquisizione di Motorola ha lanciato il suo telefonino (Moto X) diventando di fatto un competitor per i produttori di smartphone. Microsoft nei giorni scorsi ha ufficialmente comprato i cellulari di Nokia e quindi potrà integrare maggiormente nel mobile i suoi sistemi operativi Windows 8 e Windows Mobile con i device. Apple ha il suo ecosistema e disegna l'hardware sopra servizi e applicazioni. Le piattaforme aperte come quella emergente di Firefox non rappresentano ancora una alternativa. Pochi ecosistemi stanno diventando imprescindibili per chi di mestiere "produce" prodotti di elettronica. Come Lenovo, gigante dell'hardware che è diventato il produttore di pc numero uno al mondo ed è considerato leader emergente anche nei tablet, smartphone e smart tv. «Credo che nessuno abbia la capacità per costruire un altro ecosistema - racconta a Nòva24 Gianfranco Lanci vice presidente della società -. Il punto non è il sistema operativo ma la manutenzione di queste piattaforme che richiede soldi e competenze. Capisco la mossa di Microsoft sui telefoni ma non credo che si metterà a costruire pc. Non produciamo hardware ma siamo integratori di sistemi. E in questo business le capacità di realizzare economie di scale è tutto». Come dire, le dimensioni e volumi di vendita contano. Lo stesso vale per Samsung che studia le strategie partendo dai costi di produzione dei componenti ma anche per nuovi colossi come Amazon.

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