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Questo articolo è stato pubblicato il 08 settembre 2013 alle ore 08:52.

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Dovevano essere fucine di talenti. Indiegogo, Kickstarter e le altre piattaforma di crowdfunding cosiddette reward-based dove gli investitori non ricevono in cambio azioni ma tuttalpiù un premio; dovevano – sulla carta – rappresentare trampolini di lancio per nuovi progetti, nuovi prodotti, nuove idee. Piattaforme per far emergere i nuovi imprenditori. A leggere la stampa specializzata stanno invece trasformandosi in altro. Vetrine per vecchie glorie del cinema in cerca di copioni, scorciatoie per reboot di progetti già cassati dal mercato o impuntature di visionari in cerca di finanziamenti. Insomma, luoghi per riabbracciare fan, senza rinunciare al marketing e, perché no, alla raccolta fondi. Anche quando i soldi magari non servono. Come nel caso di Spike Lee, che ha presentato un suo progetto su Kickstarter raccogliendo in brevissimo tempo più di un milione di dollari. Gli amanti dei videogame si ricorderanno con sorpresa (e orrore) quando un mostro sacro come Tim Schafer (autore di capolavori come «Monkey Island» e «Brutal Legend») si è presentato su Kickstater chiedendo l'aiuto dei fan per produrre un proprio videogioco. Non ultimo Zach Braff, l'indimenticato attore protagonista della serie tv «Scrubs» che in tre giorni ha trovato i fondi per finanziare un suo film. C'è chi pensa che star di Hollywood, vip o comunque chi ha avuto la sua chance non debba affacciarsi su queste piattaforme. Ma più interessante di film, documentari e giochi può essere l'uso di queste piattaforme per scopi più alti, come ad esempio i beni comuni. Come suggerisce la ricercatrice Ivana Pais le piattaforma di crowdfunding possono finanziare una campagna o aiutare a migliorare la società. Possono insomma veicolare proposte di cittadinanza attiva. È una proposta e ha un nome: crowdfunding civico (http://tinyurl.com/oalh2we). Altro che vip.
luca.tremolada@ilsole24ore.com
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