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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2013 alle ore 19:09.

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Alta tensione a Bruxelles sul pacchetto Kroes per il mercato unico delle tlc

Siamo alla resa dei conti in Europa sui grandi temi dei diritti di internet. Lo testimoniano le grandi pressioni in seno alla Commissione europea, che hanno già provocato l'effetto di rimandare di un giorno, a giovedì 12 settembre, l'atteso pacchetto - a firma del commissario Neelie Kroes - di norme per un mercato unico delle telecomunicazioni.

Tante le critiche, che si concentrano soprattutto sulle norme che impattano la neutralità della rete. In pratica Kroes vuole consentire agli operatori telefonici di fare accordi con i fornitori di contenuti (big del web come Google, editori…) per creare servizi a qualità garantita fino agli utenti finali. Sarebbe una sorta di corsia preferenziale all'interno della normale internet. Molto critica è in particolare l'ex commissario europeo alla società dell'informazione (ruolo oggi rivestito appunto da Kroes), Viviane Reding, che ora si occupa di Giustizia: "Riteniamo che tali limitazioni alla possibilità di accedere a contenuti della rete e ai servizi di propria scelta andrebbero contro gli obiettivi dichiarati dell'articolo 38 della Carta dei diritti fondamentali dell'Ue". I servizi speciali, a qualità garantita, potrebbero infatti minare quelli della normale internet. L'ultima bozza del pacchetto di norme dice che i servizi a qualità garantita non devono "danneggiare sostanzialmente la normale internet". Una rassicurazione che non solo non soddisfa i critici, ma suona anche come una spia dei veri rischi: i nuovi servizi possono danneggiare internet come l'abbiamo finora conosciuta.

Per altro, la proposta Kroes in qualche modo forza la nascita dei nuovi servizi a qualità garantita. Obbliga infatti gli operatori a negoziare accordi con i fornitori che li dovessero richiedere e consente di opposrsi solo con validi motivi.
Ma se la prendono con il disegno di Kroes anche il commissario all'industria, Antonio

Tajani e quello all'antitrust Joaquin Almunia. Il timore è che questi accordi tra operatori e fornitori taglierebbero le gambe alla concorrenza e ai piccoli soggetti, che hanno meno forza di accordarsi con le controparti.

Kroes ha risposto su Twitter, alle critiche, sostenendo di essere stata fraintesa. ""Sono frustrata dal fatto che le persone interpretano in modo erroneo le mie parole sulla net neutrality", ha scritto (https://twitter.com/NeelieKroesEU). E anche "voglio l'esatto opposto (rispetto a quello di cui la accusano, Ndr.), una internet pienamente aperta, garantita da contratti chiari".

In effetti ci sono molte parti, nella proposta di legge, che mirano a tutelare i diritti degli utenti nella normale internet. Le nuove norme vietano agli operatori di rallentare il traffico o bloccare specifici servizi, se non per alcuni specifici motivi. Sono condizioni già garantite in Europa, anche se non con norme ma solo nella prassi degli operatori, almeno sulla rete fissa. Quello che manca sono appunto norme che chiariscano i limiti degli operatori e li obblighino a una maggiore trasparenza su quello che fanno sulla propria rete.

Il problema però - a quanto sostengono i vari critici, tra cui anche l'associazione pro internet Quadrature du Net e l'esperto di policy tlc Innocenzo Genna - è che non basta tutelare i servizi della normale internet se poi si apre la strada ad altri più veloci, a qualità garantita. Il rischio, quindi? Che i nuovi servizi uccidano quelli della normale internet e che ci ritroveremo solo con servizi e contenuti frutto di accordi tra big, con poco o nessuno spazio per i nuovi entranti. "Quello che dici è molto positivo, ma quello che si legge nei documenti racconta tutta un'altra storia", dice quindi a Kroes, su Twitter, Stefano Quintarelli, esperto di internet e parlamentare di Scelta Civica.

Certo è che con questi contrasti in seno alla Commissione sarà difficile che il testo venga adottato così com'è, giovedì. Sono probabili grosse modifiche. Poi comunque il testo eventualmente adottato dalla Commissione dovrà andare in Parlamento e in Consiglio Ue prima di diventare legge. «Un iter che al solito impiega un anno per completarsi», stima Genna.

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