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Questo articolo è stato pubblicato il 13 ottobre 2013 alle ore 16:13.
L'ultima modifica è del 13 ottobre 2013 alle ore 17:29.

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C'è un settore – quello della cardiologia interventistica – che offre spazi interessanti alle startup innovative. Nessun altro ambito della medicina, che impiega interventi mini invasivi grazie all'evoluzione della tecnologia dei device miniaturizzati, ha visto investimenti e risultati così importanti da addirittura cambiare le linee guida per la terapia delle patologie cardiovascolari.

Inoltre, rispetto a un farmaco, che richiede lunghi tempi di approvazione, i device biomedicali, dalla prototipizzazione al marchio Ce, impiegano una media di un anno e mezzo. Mentre negli Usa, l'Fda richiede un follow up di 5 anni. Questa differenza consente ai Paesi europei di essere più avanti nell'uso dei device di ultima generazione. Un vantaggio temporale che attira gli investitori. «Le startup nascono solitamente dall'idea di un addetto ai lavori, cardiologo interventista, che si interfaccia con un ingegnere; poi l'ipotesi viene esplorata da un team multidisciplinare e in seguito da un primo investitore che, a sua volta, può coinvolgere una cordata di diversi investitori, in genere business angel, a seconda di quello che richiede il progetto – spiega Alessandro Bortone, cardiologo dell'Università di Bari e membro del comitato scientifico del Gise, il convegno nazionale della Società di cardiologia interventistica che per il terzo anno ha al suo interno la sezione di Startup & innovation.

«In questi 3 anni Gise ha presentato ai congressi circa 12/14 innovazioni tecnologiche all'anno, oltre 40 in 3 anni e di queste oltre il 50% prosegue lo sviluppo con miglioramenti anno su anno, dai dati preliminari ai dati più consolidati, e nessuno dei progetti finora è stato ritirato» sottolinea Bortone. Ma qual è il percorso che deve fare una startup biomedicale?

«I progetti vengono prima studiati in laboratorio, poi dopo i bench-test si passa alla fase sperimentale. Se i dati sono confermati, i finanziamenti in parallelo si allargano e anche le aziende di maggiori dimensioni possono entrare a farne parte – continua il cardiologo –. Le fasi del consolidamento in base ai risultati possono comportare un salto dimensionale e un'accelerazione nello sviluppo del nuovo device anche incrociando gli studi dei grandi centri di ricerca, punti di riferimento delle multinazionali».
A Genova, dove si è appena concluso il 34° congresso della Gise, erano presenti anche i simulatori delle innovazioni tecnologiche: «È importante – conclude Bortone – perchè in questo modo si possono toccare con mano le novità. Per esempio, per quanto riguarda le valvole di seconda generazione è possibile entrare in una camera appositamente allestita all'interno della quale c'è un manichino/paziente sul quale effettuare una simulazione e quindi provare l'impianto della valvola con il supporto di un esperto dell'azienda produttrice del device».

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