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Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2013 alle ore 16:15.
Una ricerca condotta in Grecia , presentata nel corso di un meeting della Società europea di cardiologia (Esc), ha verificato che in presenza di forme di assistenza psicologica le morti dovute a malattie coronariche presentano una forte riduzione. Il dato rafforza la convinzione che questo tipo di malattia abbia una componente psicologica.
Già precedenti studi avevano sottolineato come la frequenza degli attacchi cardiaci fosse influenzata da fattori come depressione, isolamento, cattive condizioni economiche e stress cronico. La ricerca greca fa un passo ulteriore e associa la frequenza delle recidive alla qualità dell'aiuto psicologico ricevuto.
La dottoressa Zoi Aggelopoulou, coautrice dello studio, spiega: «Gli infermieri della nostra unità coronarica hanno osservato che era meno probabile che i pazienti avessero altri attacchi cardiaci, morissero o ritornassero in ospedale se gli parlavamo delle loro cure, suonavamo musica per loro o davamo a chi è religioso la possibilità di pregare. Questo ci ha fatto pensare che le malattie coronariche non avessero solo un'origine fisica, ma anche una componente psicologica».
L'impressione è poi stata suffragata da una meta-analisi condotta su nove studi medici randomizzati e controllati. Il risultato è stato sorprendente: dopo due anni dal ricovero, la probabilità di morte o recidiva si riduce di ben il 55% in presenza di aiuto psicologico (l'influenza è invece pressoché nulla nel corso dei primi due anni).
«I pazienti vogliono sapere cosa accadrà loro dopo che avranno lasciato l'ospedale, se potranno continuare ad avere rapporti sessuali, che tipo di medicinali dovranno prendere», ha proseguito Aggelopoulou. «La nostra ricerca mostra che fornire informazioni e rassicurazioni diminuisce la loro probabilità di morire o avere un altro attacco cardiaco. Purtroppo le unità coronariche sono sotto pressione, in Grecia abbiamo spesso 1-2 infermieri a occuparsi di 10-20 pazienti. Tuttavia sapere che semplicemente parlando ai malati o introducendo la musicoterapia si potrebbero ridurre del 55% le morti e i ritorni in ospedale dovrebbe essere un forte incentivo».
Ora serviranno ulteriori studi per verificare quali sono le metodologie di assistenza psicologica più efficaci e più opportune da introdurre.
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