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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2013 alle ore 12:33.

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Richard Saul WurmanRichard Saul Wurman

«Nel 1984, al debutto di Ted, presentavamo il primo Macintosh. All'epoca, nessuno aveva un lettore per compact disc. Oggi, vedi qualcuno in giro che usi ancora i lettori compact disc? O scarichi file con quel modello di Mac?». La storia non si calcola in 30 anni. Soprattutto se la vivi con il ritmo accelerato di Richard Saul Wurman, il padre della «information architecture» che studia e rivoluziona da decenni gli schemi di comunicazione, grafica e design. Wurman è a Milano come ospite d'onore al Frontiers of Interaction, l'edizione numero 9 del più grande appuntamento globale di «design, tecnologia e qualsiasi cosa sia interattiva». Al Sole24Ore.com ha parlato del sistema internet che cambia, dagli scandali per le intercettazioni, al salto da carta stampata a edizioni online, alle lezioni scolastiche che sostituiscono i banchi con lo schermo dei tablet.

Padre di «Ted»

Chi è, Wurman? Il curriculum dice laurea in Architettura nel 1959, più di 80 pubblicazioni e migliaia di incontri dalla sua America al resto del mondo. Per tutti, basta una sigla: «Ted». Come Techonology, entertainment and design, il super meeting sull'innovazione che ha ideato 28 anni fa tra Stati Uniti e Canada. O come Ted.com, il contenitore online di conferenze in 20 lingue che ha incassato, standi ai numeri del 2012, più di un miliardo di visualizzazioni. Sul palco di Ted, versione conferenza , si sono accodati premi Nobel, inquilini della Casa Bianca e nuove leve dell'imprenditoria. Meno di 20 minuti a testa per ogni esposizione, senza corsie preferenziali per chi si registra alle anagrafe con cognomi come Clinton o Gates. Ma che cosa significa «information architecture»? Sulla carta, organizzazione e comunicazione dei contenuti con la maggior chiarezza possibile. «E' come dovrebbe fare un buon giornalista - spiega Wurman - rendere comprensibile quello che non si capisce. E, possibilmente, sviluppare il cuore del problema. Io non faccio discorsi. Ma conversazioni, chiacchierate. Un "chatting" continuo con chi ho di fronte».

Internet e privacy: no ai divieti, basta conoscenza
Conversazioni. Come le chat che intrappolano il pubblico minorenne nei fenomeni di sexting e stalking digitale. O gli ammassi di intercettazioni che incrinano i tavoli diplomatici tra Obama e i 35 leader spiati dall'intelligence degli Stati Uniti. La rete è sul banco degli imputati per la violazione della privacy. E monta la polemica sulla scelta di Facebook di rendere visibili bacheche, link e foto degli utenti under 17 . «Solo un esempio - replica Wurman - Supponiamo che io abbia per le mani un pezzo di marmo e un martello. Posso dirti: ehi, può essere un pericoloso! Vero. Ma se li dai a Michelangelo, può scolpirti la Pietà. C'è sempre qualche danno, non c'è niente di perfetto nella società, nelle invenzioni, nei rapporti… Come lo fermi? Vietandolo? . Non è vietando o stringendo i limiti che elimini un problema. Il proibizionismo crea solo criminalità. Serve educazione. Non "ban" che rimandano il problema».

«Giornali online? Dominanti tra 10 anni»

A proposito di comunicazione: cosa pensa un «l'edonista dell'intelletto» come Wurman sul futuro dei media? Le grosse testate, dal Financial Times in giù, stanno virando a tutto raggio sulla digitalizzazione del prodotto: «Non esiste una nuova era. Siamo sempre e comunque in una nuova era. Se volete, cominciamo dai caratteri mobili di Gutenberg - scherza Wurman -. Se i giornali non cambiassero, e continuassero a produrre quotidiani e magazine alla stessa maniera... La vedrei difficile. Tutto sta andando verso l'online, è naturale che le news seguano quella china. Le cosa cambieranno magari in dieci, quindici anni. Ma non solo nulla. Siamo sempre nell'innovazione».

Scuola online? Che cosa cambierà (e che cosa no)

Johanatan Biss, virtuoso del piano, sta insegnando Beethoven a una classe (virtuale) di più di 30mila allievi con le lezioni online di Coursera. E' lo stesso principio di Ted? Il futuro educativo sta anche nel «telestudio» senza filtro diretto? «E' la stessa risposta che posso aver dato sul giornalismo. A me stupisce che le scuole siano ancora simili, più o meno, a come erano un secolo fa. Tutto cambia. Penso solo alla prima volta che sono venuto in Europa, più di mezzo secolo fa. Quanto ero "disconnesso"... e quanto sono connesso ora (indica il suo smartphone, ndr). Quello che non puà cambiare, o essere sostituito da un videocorso o una videconferenza, è la conversazione tra umani. Altrimenti non saremmo qui, ora».

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