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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2013 alle ore 15:36.
L'ultima modifica è del 14 novembre 2013 alle ore 20:39.

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Vi siete mai chiesti cosa succederebbe se il computer che governa un'astronave fosse colpito da un virus informatico? Sembra che l'eventualità non sia affatto remota, come ha confermato il celebre esperto russo di sicurezza informatica Evgenij Kaspersky, fondatore dell'omonima azienda di software antivirus, nel corso di una conferenza tenuta al Circolo della Stampa di Canberra. Per dimostrare come non occorra essere collegati a Internet per cadere vittima di un malware, ha citato l'episodio avvenuto nel 2008, in cui decine di laptop presenti sulla stazione furono infettati dal virus Gammima.AG, trasportato inavvertitamente sulla stazione da astronauti russi su una chiavetta USB o un disco ottico.

Probabilmente in conseguenza di ciò l'United Space Alliance, il consorzio che gestisce la stazione spaziale, annunciò che tutti i computer usati a bordo sarebbero passati al sistema operativo Linux ("per ottenere una maggiore sicurezza e affidabilità").
Può sembrare paradossale, ma spesso i computer usati nello spazio sono basati su hardware e software che sulla Terra sarebbero considerati obsoleti. Una volta verificato che un sistema funziona in modo stabile, infatti, si preferisce lasciarlo inalterato piuttosto che introdurre aggiornamenti che potrebbero causare problemi. Il sistema SCADA che controlla la stazione era fortunatamente già basato su Linux, ma le dozzine di laptop usati per controllare gli esperimenti, che ancora usavano Windows XP, sono stati tutti contagiati in breve tempo.

Kaspersky ha poi parlato di come altre minacce informatiche come i worm Stuxman, Gauss, Flame and Red October siano così sofisticate da aver sicuramente richiesto ingenti capitali per poter essere sviluppate. Anche se non è stato mai ammesso ufficialmente, è opinione comune tra gli esperti che Stuxman sia stato creato dai servizi segreti di USA e Israele per danneggiare un impianto nucleare in Iran, diffondendosi poi nel resto del mondo. Kaspersky non è il solo a sottolineare come la ciberguerra ormai già in atto tra i servizi segreti stia mettendo strumenti e capitali a disposizione dei criminali informatici.

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