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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2013 alle ore 18:12.
L'ultima modifica è del 02 dicembre 2013 alle ore 18:15.

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La Mela e il suo valore di capitalizzazione. Un argomento che per mesi, dalla primavera 2012 all'autunno dello scorso anno, quando il titolo Apple raggiunse il tetto dei 700 miliardi di dollari in Borsa, ha tenuto banco all'interno della comunità finanziaria americana e non solo quella. In questi giorni la società di Cupertino può rallegrarsi di aver raggiunto la quotazione più alta mai toccata nel 2013 – 556 dollari, per un market cap di oltre 500 miliardi di dollari, cifra che Apple aveva toccato la primavera scorsa – ma è lontanissima dalla vetta stratosferica del miliardo di dollari che alcuni analisti predicevano 18 mesi fa.

Era infatti l'aprile dell'anno passato quando gli esperti di Piper Jaffray e Topkea Capital Markets davano l'azione Apple in rampa di lancio per arrivare a 1.000 dollari entro la fine dell'anno, un prezzo che avrebbe proiettato la compagnia californiana a superare una valutazione di un trilione di dollari. In quel trimestre, ricorda in un'accurata analisi il sito AppleInsider, l'iPhone batteva le previsioni di vendita stimate dagli analisti e Cupertino si avviava al picco di Borsa del settembre 2012.

La grande scalata e la rapida flessione
Per Apple fu la consacrazione di un percorso di crescita unico, riuscito solo a compagnie tecnologiche – e i nomi sono quelli di Microsoft, Cisco e Intel - arrivate a dominare il segmento di mercato in cui operavano. La società oggi guidata da Tim Cook, invece, poteva esibire all'inizio dell'estate scorsa una quota di mercato molto contenuta (sotto il 5%) nei pc e sicuramente molto buona (oltre il 60% secondo Idc, oggi significativamente più bassa per effetto della poderosa escalation di Samsung) negli smartphone.
Sebbene Apple mostrasse una capacità di generare profitti superiore ad altre multinazionali (come Exxon Mobile) andate oltre il muro dei 500 miliardi di dollari di valore di capitalizzazione, da novembre 2012 in avanti dovette registrare una flessione del suo titolo molto importante. E sorprendente per molti. A fine anno il titolo aveva perso 142 dollari, nonostante le vendite dell'iPhone 5 e dell'iPad mini si rivelarono ancora una volta un successo.

La concorrenza di Android, però, iniziava a farsi sentire anche nelle tavolette, un tempo regno incontrastato della Mela. Ed ecco che analisti e investitori cambiarono rapidamente i rispettivi orizzonti, accompagnando di fatto la caduta del titolo Apple nei primi mesi del 2013, fino al punto più basso toccato in aprile e giugno, quando l'azione andò sotto i 400 dollari.

Il paragone con il 2008 e le parole di Jobs
La situazione attuale, questa la cornice dell'analisi sullo stato di salute della Mela in Borsa, è in ogni caso ben diversa da quella dell'inizio del 2008, quando Steve Jobs predicava fiducia presso i dipendenti, esortandoli a tenersi in tasca le azioni perché penalizzate (quanto a valore) da fattori troppo più grandi della dimensione aziendale di quel tempo.
Il fondatore della casa di Cupertino rimarcava come asset di valore per i mesi e gli anni a venire le persone di Apple, la strategia, i nuovi prodotti in pipeline, gli oltre 200 negozi di proprietà e, soprattutto, i 18 miliardi di liquidità presenti in cassa e non gravati da debiti. L'inverno precedente, il primo dal lancio del primo iPhone, aveva regalato alla società una flessione del proprio titolo a 119 dollari, prologo di un andamento di alti e bassi che nell'autunno del 2008 avrebbe visto l'azione scendere poco sopra gli 80 dollari.

Il confronto con Google
La forte contrazione della capitalizzazione Apple del 2013, al cospetto della crisi di cinque anni fa, non è secondo gli osservatori paragonabile, anche se evidenzia lo stato di raggiunta maturità finanziaria dell'azienda. L'attuale market cap è però superiore di molto a quello di Google (salito a 350 miliardi di dollari) per quanto l'andamento recente del titolo di Mountain View (arrivato a superare i 1000 dollari) sia migliore.
Se l'anno in corso è favorevole a BigG, la conta sugli ultimi cinque anni è però nettamente favorevole a Cupertino. Che, va ricordato, per accontentare gli azionisti ha anche pagato 10 dollari di dividendi dall'alto di una disponibilità di cassa da far impallidire i bilanci di alcuni Paesi. E forse anche Google.

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