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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2013 alle ore 13:19.
L'ultima modifica è del 02 dicembre 2013 alle ore 15:05.

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Carl Gustav Jung lo ha chiamato «inconscio collettivo» e, anche se finora l'esistenza di una "memoria transgenerazionale" non aveva avuto delle prove palesi da un punto di vista genetico, sicuramente è stata una delle maggiori intuizioni avute dallo psicoanalista elvetico.

Adesso, una prima prova neurologica della memoria transgenerazionale pare però sia arrivata. Infatti, secondo quanto suggerito da uno studio su cavie pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience da un gruppo di scienziati della Emory University di Atlanta, i ricordi dei nostri nonni si possono trasmettere di genitori in figli «imprimendosi» nel Dna e influenzando così lo sviluppo cerebrale ed i comportamenti delle generazioni successive.

La scoperta, benché su animali, potrebbe avere implicazioni sul fronte degli studi transgenerazionali: potrebbe spiegare ad esempio perché un evento traumatico che ha coinvolto un antenato continui a influenzare la famiglia molte generazioni dopo. Inoltre lo studio fornisce un'evidenza del fenomeno della cosiddetta "eredità epigenetica transgenerazionale", ossia una condizione in cui l'ambiente esterno influenza la genetica di un individuo (ne modifica il Dna) e quindi questo cambiamento diviene ereditabile.
Gli esperti hanno addestrato dei topolini ad evitare un certo odore e poi hanno visto che anche i nipoti di questi topolini continuavano ad evitare lo stesso odore anche se nessuno li aveva addestrati a farlo. Gli esperti hanno visto che l'addestramento dei nonni si era impresso sul Dna e quindi il comportamento conseguente era passato alle generazioni successive.

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