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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2013 alle ore 16:20.

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A Mountain View stanno considerando l'idea di sviluppare una nuova generazione di processori per server basati su tecnologia Arm. L'indiscrezione non ha trovato il conforto di ufficiali conferme ma non è passata certo inosservata su diversi blog tecnologici. E il motivo è presto intuibile: nel mercato dei chip per le macchine che popolano i data center è una certa Intel a dominare la scena.

Se Google, uno dei maggiori acquirenti di processori per server al mondo e il quinto più importante cliente per Intel, dovesse realmente realizzare in casa propria i componenti al silicio di cui ha bisogno ecco che gli equilibri di questo settore potrebbero cambiare.

La predominanza nei processori per sistemi mid range a tecnologia x86 del colosso di Santa Clara, che da BigG riceve (secondo Bloomberg) oltre il 4% dei suoi ricavi totali, potrebbe vacillare per quanto oggi sia più che consolidata, con una quota di mercato nell'ordine del 95%. Il rimanente 5% è appannaggio di Amd, che di recente ha confermato di voler utilizzare architetture Arm.

Che Google sia al lavoro nel costruire internamente, affidandosi ai propri ingegneri, una nuova infrastruttura hardware e software per supportare la galassia di tutti i suoi servizi online è noto, e lo hanno ribadito anche i portavoce della compagnia. Gli stessi, però, hanno glissato sulla possibilità di sviluppare "in house" i chip per i suoi data center. Che rimane di conseguenza, almeno per ora, solo una voce.

Anche Hp e Dell i nrampa di lancio con Arm
La scelta di puntare su Arm, in ogni caso, sarebbe logica per almeno due buoni motivi. La prima. Si tratta dell'architettura alla base dei chip, prodotti dalle varie Qualcomm, Nvidia e Samsung, che equipaggiano la quasi totalità degli smartphone e dei tablet in circolazione. E Google la conosce, per ovvi motivi, assai bene.

La seconda. Alcuni produttori storici di server, e i nomi sono quelli di Dell e Hp hanno intrapreso da tempo progetti per portare sul mercato macchine basate su architettura Arm e trovare di conseguenza una valida alternativa ai prodotti di Intel. La società texana ha presentato lo scorso mese il primo prototipo di sistema a 64 bit con a bordo la piattaforma Linux Fedora; quella di Palo Alto è al lavoro su una soluzione a 32 bit di Calxeda per i propri sistemi Moonshot che esordiranno nella prima metà del 2014.

Il fatto di aver aderito a un consorzio, l'OpenPower Consurtium promosso da Ibm e con Nvidia fra i suoi membri, avente come fine quello di offrire in licenza tecnologie per data center (chip per server compresi) sembra infine spingere la società californiana nella direzione di poter fare da sola.

Il mercato nel 2017
La virata su Arm da parte delle grandi aziende americane potrebbe come detto inficiare e non poco sulle vendite e sui conti di Intel. Secondo la società di ricerca IHS iSuppli, i server motorizzati con i chip Arm conquisteranno il 5% del mercato entro il 2017, quando si venderanno circa 13 milioni di macchine (contro i 10 milioni di pezzi previsti per quest'anno). La svolta a favore della loro adozione sarà determinata dall'arrivo delle soluzioni a 64 bit, previste già a partire del prossimo anno, e dal sostegno che fornitori di software e sistemi operativi hanno già iniziato a garantire all'architettura outsider.

Se la quota di mercato dei processori Arm dovrebbe rimanere al di sotto dell'1% alla fine di quest'anno, a partire dal 2014 si assisterà all'iniziale spostamento di domanda. La società inglese, al momento, può mettere sul tavolo le collaborazioni con produttori come Calxeda, Amd, Applied Micro Circuits e Marvell Technology e con hardware vendor quali Dell, Hp e Mitac.

Gli analisti sono dell'idea che, quando il mercato sarà più maturo, anche le varie Nvidia, Qualcomm e Samsung saranno in grado di produrre chip Arm per server. E alla già nutrita lista si potrebbe aggiungere Google. A casa Intel, forse, staranno facendo gli scongiuri.

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