Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2013 alle ore 21:24.

My24

Conti correnti. Trasferimenti di denaro. Pagamenti nei negozi. Wizzit è una piattaforma per gestire servizi bancari utilizzando tastiera e display di qualsiasi cellulare. E diventa una porta d'accesso all'economia formale anche per chi non è mai entrato in un istituto di credito.
Ma la tecnologia è parte di un progetto più ampio, adattato alle esigenze e alle opportunità del contesto locale. Nel tempo Wizzit ha sviluppato un network di agenti sul territorio che viaggia nelle aree rurali e nelle periferie urbane. Dove abitano trenta milioni di persone che, fino a poco tempo fa, erano considerate "non bancabili".
Arrivano nei villaggi, nei bar, nelle zone agricole. Aprono un banchetto e discutono con i clienti. Finora in 300mila hanno aperto un conto corrente. «I nostri sportelli sono le facce degli agenti: in questo modo otteniamo fiducia e visibilità», dice Brian Richardson, fondatore di Wizzit.
E il servizio sudafricano di mobile banking è diventato merce da esportazione in altre nazioni: per esempio, in Romania supporta good.bee, un progetto per il microcredito.

Pochi avrebbero scommesso sul successo nelle aree povere dei paesi in via di sviluppo, eppure anche in altri stati africani avanzano iniziative simili, ma adeguate al territorio.
In Kenya 9,5 milioni di persone trasferiscono piccole somme di denaro attraverso i cellulari: utilizzano un sistema di mobile payment, M-pesa. Le conseguenze sull'economia locale sono diffuse: il credito telefonico è utilizzato per pagare nei negozi, risparmiare, inviare denaro alle famiglie.
Tanto che le multinazionali delle telecomunicazioni investono crescenti risorse sul continente: anche Orange Telecom, Vodafone e Zain hanno lanciato i loro progetti. Gli sportelli bancari sono poco diffusi, ma le piattaforme per il mobile banking hanno aperto mercati finora irraggiungibili.
La penetrazione di internet in Africa, poi, è limitata. Ma cresce la copertura delle reti di telefonia mobile. Otto persone su dieci hanno un cellulare in Sudafrica: il 60% è abilitato alla trasmissione di dati. Diventa un'infrastruttura per la sperimentazione e lo sviluppo di servizi avanzati.
A partire, però, dalla comprensione dei comportamenti locali e dalle tecnologie disponibili, come gli sms.

Informazioni sanitarie, opinioni dei clienti e richieste alle aziende arrivano in messaggi di 160 caratteri. Chi non ha credito telefonico, invece, può inviare un messaggio «Please call me back» gratuito in attesa di essere richiamato.
Anche per i social network la strada non è diversa. Certo, Facebook è diffuso e in molte nazioni emergenti ha conquistato il podio come spazio web più visitato da cellulare. Eppure il protagonista è Mxit, un ibrido tra chat e rete sociale online.
E non sono isole nel deserto. In Sudafrica aumentano le start up tecnologiche, soprattutto attorno alle grandi città come Cape Town, Johannesburg, Durban.
Nella capitale è appena partita l'iniziativa «Silicon Cape»: si tratta di un network per facilitare i contatti tra imprenditori del settore hitech. Le aziende possono contare sui giovani laureati usciti dalle università.
Crescono percorsi originali. Design Indaba, per esempio, è una manifestazione che unisce arte, scienza, creatività: esplora le tradizioni e guarda al contesto internazionale.
Il Sudafrica è la punta avanzata di uno sviluppo abilitato dalle infrastrutture di telecomunicazione e sostenuto da pionieri in altre nazioni, come Kenya, Ghana, Nigeria.

Con la Coppa del mondo i riflettori internazionali saranno puntati sull'Africa.
Ma qualcosa è cambiato nello sguardo di Europa e Stati Uniti. L'emittente inglese Bbc dedica reportage all'impatto delle tecnologie sul continente. E di recente il «Wall Street Journal» ha aperto un «Africa Bureau» per cogliere «la crescente importanza economica e geopolitica della regione».
Evolve anche il punto di vista locale. Dambisa Moyo, figlia di un minatore sudafricano e tra le cento persone più influenti secondo «Time», ha pubblicato un libro, «La carità che uccide. Come gli aiuti del l'occidente stanno devastando il Terzo mondo»: è una critica agli sprechi degli interventi destinati ai paesi emergenti. E un atto di fiducia verso lo sviluppo sul territorio.
Perché, come scrive il premio Nobel Amartya Sen, lo sviluppo è libertà.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi