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Questo articolo è stato pubblicato il 05 gennaio 2014 alle ore 14:52.

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PayPal, eBay, LinkedIn, Facebook e naturalmente Google, nella cui sede di Dublino, aperta nel 2003, lavora tale Jennifer Kelly, irlandese che ha disegnato tutti gli 80 uffici di BigG fuori dagli Stati Uniti. Come dire: per contribuire alla crescita della più grande web company del pianeta si può operare anche nella vecchia Europa. Dipende, ovviamente, dove. Nella verde Irlanda, da oltre 20 anni a questa parte, e più intensamente nel corso degli ultimi cinque, si è sviluppato un vero e proprio cluster tecnologico legato a filo doppio alla Silicon Valley. Ci sono tutti i grandi marchi di internet e dell'informatica made in Usa. Intel, Oracle, Microsoft (che a Dublino ha costruito il suo più grande data center extra Usa), Dell (a Limerick) ed Apple (a Cork) sono sbarcate qui da anni. L'ecosistema cui hanno dato vita è oggi un monito per diverse piccole aziende tech a stelle e strisce che necessitano di allargare la propria attività in Europa.

In Irlanda, spiega un italiano che lavora allo European Develop Center di Microsoft e che vive qui da 16 anni, le istituzioni hanno un'attenzione particolare verso chi vuole aprire una filiale in loco. Anche se si tratta di progetti che interessano una decina di addetti. C'è un gruppo di lavoro dedicato, che fa capo al ministero degli Affari esteri e del Commercio e che assiste le aziende per spiegare le virtù irlandesi in fatto di benefici fiscali e infrastrutture.

L'humus che il governo di Dublino ha alimentato fa inoltre da stimolatore naturale alle startup indigene che solcano l'oceano per cercare fortuna nella bay area di San Francisco. Oggi la relazione fra questi due mondi distanti migliaia di chilometri è sempre più stretta e lo dice convinto una figura molto nota in Irlanda nel campo del venture capitalism tecnologico, Brian Coulfield di Draper Fisher Investor. Cosa è cambiato rispetto al passato, quando le agenzie governative Ida Ireland ed Enterprise Ireland facevano ponti d'oro (a livello fiscale) alle grandi mulinazionali Usa? È cambiato che ora guardano con molta attenzione alla nuova ondata di compagnie hi-tech che vengono alla luce in Silicon Valley e vi investono con l'idea di allevare in casa la nuova Facebook o la nuova Google. L'obiettivo, sulla carta, appare quasi banale: far crescere startup co-localizzate fra Irlanda e California e supportarle con servizi ad hoc per aiutarle a strutturarsi e trovare finanziamenti. Compiti cui assolve anche l'Irish Technology Leading Group, un network di top manager irlandesi e americani presieduto dall'ex Ceo di Intel Craig Barrett.

C'è qualcosa di simile in Italia? No. A Dublino, invece, hanno capito che importare ed esportare competenze è un valore per lo sviluppo economico del Paese. Per questo si facilitano gli investimenti esteri e si elegge a priorità la relazione con le aziende che popolano la Silicon Valley, per insediare queste ultime in Irlanda e aiutare le imprese tecnologiche nate in casa ad affermarsi sulla West Coast. È una scommessa vinta? A leggere le storie di Stripe, Swrve e Mcor Technologies parrebbe di sì. La prima è una startup nata a Palo Alto per volontà di due giovani irlandesi, Patrick e John Collison, e nota per la sua piattaforma per i pagamenti online; la seconda è una new company (uno dei suoi co-fondatori, Steven Collins, ha venduto nel 2007 la sua precedente creatura, Havok, a Intel) con sede a Dublino e filiale a San Francisco ed è specializzata in soluzioni destinate agli sviluppatori di app mobili; la terza è un'azienda di Dunleer che produce stampanti 3D e ha uffici nell'Innovation Center di Santa Clara.

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