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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2014 alle ore 08:30.

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Alla sua prima apparizione pubblica dopo essere stato nominato ceo di Intel Brian Krzanich martedì scorso ha presentato prototipi, orologi, auricolari, assistenti virtuali che proiettano il più grande produttore di chip al mondo nei nuovi mercati delle tecnologie che si indossano e dell'internet delle cose. «È una grande sfida che per Intel significa allargare il portafoglio prodotti per essere davvero ovunque c'è computing e capacità di calcolo», commenta a Nòva24 Renee James presidente di Intel. Nominata 7 mesi fa insieme a Krzanich ha assunto così la più alta carica mai ricoperta da una donna all'interno del gigante di Santa Clara.
L'arrivo del nuovo Ceo è un cambio di passo reale in un momento che vede Intel sofferente per il declino del mercato pc e sotto pressione per la concorrenza delle architeture Arm nei dispositivi mobili. Proprio per questo la scelta di puntare su un mercato nuovo come quello delle wereable technologies pone non poche domande: che tipo di mercato si sta aprendo per Intel, quali possono essere i tempi di sviluppo dei nuovi prodotti e quali le opportunità di business. «Dobbiamo essere chiari su questo punto – sottolinea Renee James –: per noi le tecnologie che si indossano sono un mercato nuovo che si aggiunge a quello dei pc, dei server e naturalmente del mobile. Però sappiamo che in questo mondo che è ancora difficile da misurare vogliamo essere i numeri uno e per farlo dobbiamo imparare a produrre prodotti più velocemente rispetto al passato. Abbiamo già presentato Quark il più piccolo microprocessore del mondo. E al Ces di Las Vegas il nostro Ceo ha svelato Edison, un computer grande quando una scheda Sd».
Il cambio di strategia di Intel è anche una conseguenza degli errori o delle occasioni perse sul mobile. Con il boom degli smartphone il mondo è cambiato. I processori Arm si sono dimostrati con il tempo migliori per consumo di energia e flessibilità. Ma sono state compiute anche delle valutazioni sbagliate. Come la decisione, confessata dall'ex Ceo Paul Otellini su The Atlantic Magazine, di non fornire chip alla Apple quando nel 2006 stava progettando il primo iPhone. Gli ultimi rumor vorrebbero Google decisa ad adottare architetture Arm anche per i propri server producendo in prima persona i propri chip. Se Google, uno dei maggiori acquirenti di processori per server al mondo e il quinto più importante cliente per Intel, dovesse realmente realizzare in casa propria i componenti al silicio di cui ha bisogno ecco che gli equilibri del settore potrebbero cambiare. «Nel mobile abbiamo finalmente prodotti molto competitivi. Quanto ai server credo che ci sia una grande differenza – sottolinea James – tra progettare architetture e sviluppare microchip. Produrre processori è scienza ed è difficile, noi lo sappiamo bene. Non commento i rumor ma abbiamo molti clienti tra cui Google che preferiscono concentrarsi nella progettazione dell'hardware, lasciando a noi la produzione dei microprocessori. Credo che in prospettiva continui a essere la scelta migliore». (l.tre.)

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