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Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2014 alle ore 08:16.
L'ultima modifica è del 20 gennaio 2014 alle ore 10:57.

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Considera Oculus Rift. Quando un paio di anni fa è comparso il visore di realtà virtuale, nessuno ci ha creduto davvero. Per i nostalgici è stato come un tuffo nel passato. Era dai tempi di "Tron" che qualcuno non si azzardava a immaginare macchine, caschetti e periferiche capaci di immergerci in mondi tridimensionali. Allora l'armamentario per il 3D digitale era scomodo, molto invasivo e poco funzionale. La virtual reality immaginata da Jaron Lanier è stata così presto sorpassato sulla destra da esperienze come quelle dei mmorgh (Massive(ly) Multiplayer Online Role-Playing Game), giochi di ruolo online, più adatti a catturare l'attenzione degli utenti più che per magie dell'interfaccia per design e interattività degli ambienti 3D (un giro dentro il gioco World of Warcraft aiuta a rendere l'idea).

La startup californiana Oculus VR non ha però dato peso alle indicazioni del mercato, al cambio di gusto e di paradigma. Ha tirato dritto. Per iniziare ha chiesto un paio di anni fa 250mila dollari sulla piattaforma di crowdfunding di Kickstarter. Contro ogni attesa ha raccolto 2 milioni di dollari. Il successo e la sorpresa furono tali da catturare l'attenzione di John Carmack, un mostro sacro dell'industria del videogame (sarebbe il papà di Doom3, ndr) che folgorato sulla via di Damasco si unisce al team ricoprendo al carica di Cto. Eppure, il prototipo che allora avevano realizzato era un mezzo disastro. La grafica era sgranata, gli occhialoni pesavano come un macigno, e ogni spostasmento della testa provocava farfalle nelle pancia e perdita di equilibrio (anche restando seduti). L'anno scorso al Consumer electronic show di Las Vegas i commenti sono stati quantomeno tiepidi. Potenzialmente interessante, hanno chiosato gli addetti ai lavoro, lasciando intendere che tutto dipenderà dalla volontà dei padroni delle console (Sony, Microsoft e Nintendo) di adottare o meno la periferica. Nonostante le perplessità la startup non ha mollato il colpo. Ha continuato a sviluppare il prototipo, distribuito i kit di sviluppo e incontrato tutti i principali publisher videoludici. A giugno hanno raccolto 16 milioni di dollari e poi a dicembre altri 75 da un gruppo di investitori guidati da Andreessen Horowitz, il venture capitl fondato da Marc Andreessen (il fondatore di Netscape) e Ben Horowitz. Settimana scorsa a Las Vegas hanno presentato Oculus Rift Crystal Cove, un nuovo prototipo, sotto ogni punto di vista migliore rispetto al precedente: display Amoled a 1080p, led per rilevare il movimento del visore, un sistema che non elima del tutto scie e pixel ma permette di entrare con tutto il corpo nella realtà virtuale. Nate Mitchell ha confermato che sono stati distrubuiti 50mila kit di sviluppo e che stanno dialogando con Nasa, industria dell'automotive e altri attori interessanti. Inoltre il visore è uscito dal Ces con premi e riconoscimenti da parte di un po' tutte le riviste specializzate.

Quella di Oculus nonostante il centinaio di persone attualmente regolarmente impiegate e le ottime prospettive per il proprio business non è la solita favole bella della startup piccola e coraggiosa che ce la fa contro tutto e tutti. È più cha altro l'emblema di una nascente piccola industria del gadget che sta cominciando a far sentire la propria voce in un momento peraltro non particolarmente felice. Negli ultimo anni persino nell'America della Silicon Valley il numero di startup e l'indotto di occupazione è calato. Nell'anno che si è concluso a marzo dell'anno scorso, ha calcolato La Ewing Marion Kauffman Foundation, i nuovi business hanno generato 2,8 milioni di nuovi posti di lavoro, apparentemente molti ma in pecentuale rappresentano una diminuzione del 40% rispetto agli anni d'oro del 1999. Nell'elettronica però le startup del gadget potrebbero mostrare una vitalità rinnovata proprio sulla scia di trend come l'internet delle cose, digital Health, robotica e il boom delle tecnologie che si indossano. Oculus è un esempio e va tenuta d'occhio.

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