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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2014 alle ore 15:28.
L'ultima modifica è del 18 febbraio 2014 alle ore 15:40.

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Cosa pensereste se ogni cento persone che incontrate quotidianamente circa sessanta fossero fantasmi? Niente paura, è un rischio che nella vita reale non esiste. In quella virtuale, invece, pare sia ormai una consuetudine. E fra tweet, post e navigazioni varie, ogni giorno ci imbattiamo in qualcosa che non esiste. In qualcosa di creato artificialmente, di non umano, di impalpabile.

Lo stabilisce uno studio del sito Statista.com destinato a far discutere. Un'analisi molto dettagliata e approfondita dalla quale emerge un risultato che lascia un po' tutti a bocca aperta. Circa il 60% del traffico Internet, secondo Statista, non è generato dagli esseri umani ma dai "bot", cioè da utenti inesistenti creati da un software. Agli uomini, invece, resta un misero 38.5% del traffico totale.

Lo studio si basa su una ricerca che, nel 2013, ha analizzato 1,45 miliardi di visite in 20mila siti sparsi in 249 Paesi del mondo, ed ha stabilito anche la bontà dei bot. Proprio così, la bontà. Perché in realtà esistono i bot buoni e quelli cattivi. Quelli buoni, che generano il 31% del traffico Internet globale, sono per esempio quelli utilizzati da Google per l'indicizzazione delle varie pagine web. I bot cattivi, invece, con all'attivo il 30.5% del traffico globale generato, sono quelli utilizzati dai cracker che diffondere spam e altra spazzatura in giro per la Rete.

Il dato definitivo, dunque, è decisamente disastroso. Quasi due terzi del traffico Internet mondiale è di origine fasulla (e chissà se i pubblicitari lo sanno). Di questi due terzi, poi, metà appartiene ai criminali 2.0 che cercano in modo illecito di ricavarne un profitto. Chi credeva che l'illegalità online riguardasse solo gli sconosciuti meandri del deep web, forse dovrà ricredersi. I bot sono online come noi, e forse anche di più. Basta imparare a conviverci.

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