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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2014 alle ore 13:39.

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Uno scanner inserito nel tasto Home. Possiamo partire da qui, dalla tecnologia biometrica per il riconoscimento delle impronte digitali del nuovo Galaxy S5 (cui Samsung toglierà i veli al Mobile World Congress di Barcellona), per parlare dell'evoluzione dei sensori integrati nei telefonini intelligenti. Il Motorola Atrix è stato il capostipite fra i telefonini dotati di scanner per i polpastrelli. Poi sono arrivati l'Htc One Max (con sensore posteriore) e il Touch Id dell'iPhone 5S? Quello di Samsung sarà simile a quello della società della Mela? Sostanzialmente sì, ma con qualche variazione al tema, vedi la possibilità (se confermata in sede di annuncio) di registrare otto diverse impronte e assegnarne una ad altrettante diverse operazioni. In altre parole sarà possibile utilizzare le dita come scorciatoie sicure e protette non solo per sbloccare il dispositivo ma anche per accedere a specifiche applicazioni personali, widget, siti Web o documenti che si vogliono mantenere nascosti.
Non si si tratterà forse di un passo in avanti sostanziale - lo è, probabilmente, la tanto attesa tecnologia per il riconoscimento della retina - ma va nel solco di quella tendenza che vede, annuncio dopo annuncio, le modalità di interazione fra apparecchio e utente conoscere nuovi orizzonti. E aprire il fronte a maggiori possibilità di condivisione delle informazioni fra terminale e persona fisica e fra terminale ed altri device digitali. Oggi nel 90% dei telefonini in commercio c'è almeno un sensore integrato e se torniano indietro di circa un anno, al lancio del Samsung Galaxy S4, possiamo rilevare come uno smartphone offra già oggi molti canali di relazione con il mondo esterno. Nove, infatti, sono i sensori presenti sull'attuale top di gamma coreano: gesti, pressione, giroscopio, accelerometro, geomagnetico, temperatura e umidità, barometro, prossimità e Rgb.
In buona sostanza parliamo di un centro di intelligenza che sviluppa un numero enorme di informazioni, utilizzabili attraverso software ed app dedicate. Un ecosistema che è destinato ad evolversi in maniera proporzionale alla maggiore intelligenza e capacità dei chip che saranno installati nei dispositivi di domani. A tal proposito, spiega a Nòva Fabio Pasolini, Direttore Generale Divisione Motion Mems di StMicroelectronics, "uno dei principali driver futuri è la possibilità di tenere i sensori sempre accesi, per sapere con continuità dove si trova l'apparecchio e quindi poter tracciare i movimenti degli utenti anche senza l'ausilio del Gps o quando questi sono all'interno di edifici dove il segnale satellitare non arriva". Così facendo, dicono da St, si aprono nuove strade per le applicazioni di real-time marketing nei centri commerciali e nuove possibilità per le chiamate verso i numeri di emergenza, per cui la posizione esatta può essere vitale per il rapido intervento dei soccorsi. E la sfida dei consumi di energia, pensando di tenere i sensori sempre accesi, come si vince? "Con sensori – dice Pasolini - sempre più integrati che implementano sistemi di power management e di elaborazione del segnale in un unico dispositivo e che permettono di spegnere il componente centrale pur mantenendo attive tutte le funzioni di navigazione".
Lo stretto legame fra sensoristica e silicio è uno dei capisaldi anche degli sviluppi futuri di Qualcomm, il più importante fra i fornitori di chip per smartphone. Roberto Di Pietro, Vp Businees Develpment in Europa della casa californiana, ci conferma in tal senso come già oggi "una parte dell'intelligenza del chipset è ottimizzata per dialogare con i sensori, per gestirli. Ai sensori, in sintesi, è riservata una parte della potenza di calcolo del processore". E non a caso Qualcomm ha integrato nei suoi componenti una piattaforma di "sensor engine", che facilita a monte, ai produttori quindi, l'ingegnerizzazione delle funzionalità dello smartphone. Siamo, comunque, solo all'inizio. Aziende come Synaptics o Authentec (acquisita da Apple nel 2012 per 356 milioni di dollari), sono convinte che il boom delle tecnologie biometriche, e in primis dei sensori per il riconoscimento delle impronte digitali, a bordo degli smartphone (di fascia alta) si materializzerà già nel secondo semestre di quest'anno. E dello stesso avviso è un attore di primo piano dell'industria mobile come Ericsson. Da un'indagine compiuta dalla società svedese su un campione di 10mila utenti in tutto il mondo emerge come per il 74% dei rispondenti gli "smartphone biometrici" diventeranno un fenomeno di massa nel corso di quest'anno e come la metà dei soggetti censiti abbia confermato di voler utilizzare, al posto di Pin e password, un sensore digitale o una tecnologia di riconoscimento dello sguardo per lo sblocco del terminale o di specifici dati riservati.
I sensori integrati nel corpo di uno smartphone, guardando oltre l'utilizzo personale dell'apparecchio, aprono la via a possibili innovazioni in altri campi, per esempio nel modo di studiare i fenomeni naturali. Sfruttando particolari modelli di accelerometri, e quindi sensori di movimento, si potrebbe creare una rete capillare urbana a basso costo deputata a raccogliere da ogni singolo telefonino, tramite apposita applicazione, informazioni sugli eventi sismici. Fantascienza? No, ipotesi alle quali hanno lavorato due ricercatori italiani dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Antonino D'Alessandro e Giuseppe D'Anna, i cui studi sono stati pubblicati sulla rivista Bulletin of the Seismological Society of America.

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