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Questo articolo è stato pubblicato il 02 maggio 2014 alle ore 17:40.

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Era, per molti ed immaginabili motivi, un rapporto molto atteso e, come previsto, promette di segnare una svolta sostanziale nell'ambito del quadro normativo che regola la raccolta, la conservazione e l'utilizzo delle informazioni in formato digitale di milioni di americani da parte delle aziende tecnologiche e delle autorità governative.

I Big Data, questo il succo del documento di 85 pagine reso pubblico ieri dalla Casa Bianca, costituiscono una minaccia per la privacy e la sicurezza dei cittadini. Più precisamente, si legge nel rapporto, permettere ad agenzie pubbliche e grandi aziende l'accesso ai dati personali e analitici di milioni di utenti Internet ha il potenziale per alterare l'equilibrio di potere tra governo e cittadini e di creare nuove forme di discriminazione per l'accesso ai servizi sanitari, al lavoro, al credito e agli alloggi. Big Data non solo sinomino di migliore e maggiore personalizzazione dei servizi digitali, dunque, ma anche strumento ad elevato potenziale discriminatorio nei confronti di persone e gruppi di individui, di cui vengono selezionate e catalogate le informazioni relative al reddito, alla casa, alle abitudini e alle frequentazioni private e professionali.

Revisione della legge necessaria
Una riforma delle normative che regolamentano la gestione dei dati, questo in definitiva il messaggio che sortisce dal "Big Data Report" redatto nel corso degli ultimi tre mesi da un team guidato dall'anziano consigliere della Casa Bianca John Podesta (figura cui Obama ha affidato la delicata questione della data privacy), è dovuta e necessaria per tutelare i diritti dei consumatori online. I Big Data offrono benefici tangibili, ha scritto in un articolato post Podesta, perchè sono alla base di applicazioni che permettono di migliorare la ricerca medica e di aiutare il governo a lavorare in modo più efficiente, ma le nuove tecnologie sollevano anche notevoli domande sulla tutela della privacy.

A proposito di privacy, l'assunto che vuole affermare l'amministrazione Obama è il seguente: i dati lasciati pubblicamente su Internet appartengono ai legittimi proprietari, a chi ha prodotto quei dati, molti dei quali sui social network. Ma questa è una delle tante variabili in gioco. Molte informazioni sono carpite agli utenti "forzatamente" ed a loro insaputa, vedi le mail archiviate nei server di chi fornisce i servizi online (quelli di posta elettronica come Gmail, per esempio).

Il ruolo delle aziende hi-tech
Il caso Wikileaks, le rivelazioni di Edward Snowden sulle attività di "bulk collection" (raccolta indiscriminata) di dati da parte della National Security Agency nei confronti di cittadini americani e non hanno insomma "costretto" il governo di Whasington a spostare l'attenzione sulle riforme normative da mettere in campo per rivedere la governance in materia di grandi dati. Non basta proteggere la privacy dei cittadini, serve anche regolamentare l'utilizzo dei Big Data a tutti i livelli, governativo ma anche commerciale.

Il rapporto reso noto ieri ha raccomandato in tal senso, come elementi vitali di questo cambiamento, la "Carta dei Diritti" auspicata da Obama, la nuova legislazione varata dal Congresso in materia di violazione di dati, l'estensione della tutela della privacy online per i cittadini non statunitensi e un aggiornamento dell'Electronic Communications Privacy Act, provvedimento scritto pre boom di Internet che specifica i termini con i quali le autorità di polizia possono accedere alle email (vecchie di oltre sei mesi) dei privati cittadini.

La riforma della Nsa, progetto per cui non hanno lesinato sforzi tanto la Casa Bianca quanto il Congresso Usa, non è comunque l'oggetto principale della relazione stilata dagli esperti incaricati da Obama: il rapporto esamina infatti le modalitù d'uso dei dati raccolti dalle varie Google, Facebook, Microsoft, Apple e Yahoo!, molte delle quali hanno evitato indagini accurate grazie alle rivelazioni che hanno portato alla luce le attività di spionaggio delle agenzie di sicurezza. Il fatto che le stesse aziende abbiamo perpetrato pratiche simili con il fine di vendere i dati degli utenti a scopo di lucro e di operare al servizio della stessa Nsa è però noto e consolidato. É quindi anche per questo che il rapporto raccomanda la stesura di un nuovo Consumer Privacy Bill of Rights, volontà espressa da Obama nel 2012.

Facebook, Apple & Co: notifichiamo agli utenti le indagini di polizia
In nome della trasparenza. La nuova linea di condotta delle grandi tech company americane in tema di tutela dei propri utenti è cambiata: prima era prassi mantenere assoluto riserbo durante eventuali indagini delle forze dell'ordine (Fbi e Nsa in primis) sui registri delle mail e su altri dati digitali degli internauti, oggi il dogma è quello di avvisarli immediatamente perchè ogni consumatore ha diritto di sapere che cosa sta succedendo ai propri dati prodotti online.

Apple, Facebook, Microsoft, Yahoo e Google, questa la rivoluzione delle notifiche di cui parla il Washington Post, avviseranno di default gli utenti di qualsiasi attività di controllo che interessi i loro dati, a meno che non sussista uno specifico obbligo di mantenere il silezio emesso da un giudice. La nuova pratica messa in atto dai colossi della Silicon Valley, ovviamente, non piace al Dipartimento di Giustizia Usa, che vede in questo modello maggiori rischi per i cittadini e maggiori possibilità che prove importanti vengano distrutte.

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