Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2014 alle ore 19:15.
L'ultima modifica è del 18 giugno 2014 alle ore 08:53.

My24

Quello di Yara Gambirasio è l'ennesimo caso criminale risolto grazie al test del Dna. Ma come funziona questa tecnica? E porta veramente a risultati certi? Ogni essere umano ha un proprio codice genetico scritto nel Dna, presente in ogni cellula del suo corpo e in grado in linea di principio di identificarlo in maniera univoca (con alcune eccezioni, come vedremo).

Non è però praticabile sequenziare un intero genoma per identificare un criminale. Gli attuali test di profilazione del Dna si basano perciò solo su alcuni frammenti del codice, che sono molto variabili e perciò differiscono molto da una persona all'altra. Prendendone in considerazione un numero sufficiente si riesce a identificare la provenienza di un campione di Dna con un margine di errore molto basso.

Quali sono i fattori che possono indebolire l'efficacia della profilazione Dna? In primo luogo, esistono coppie di persone che hanno esattamente lo stesso codice genetico: si tratta dei gemelli monozigoti, una percentuale non indifferente della popolazione (in Europa circa lo 0,2%). Nel loro caso è impossibile distinguere se il Dna provenga da uno o dall'altro. Ci sono poi casi rarissimi di persone nate dalla fusione di più embrioni, le cosiddette chimere, che hanno più di un codice genetico presente nel corpo, e per questo potrebbero sfuggire alla profilazione. Infine, in alcune zone dove i matrimoni tra consanguinei sono frequenti, l'efficacia del test diminuisce perché diventa più probabile che due persone abbiano un Dna così simile da ottenere lo stesso risultato. Si tratta comunque di casi particolari che non inficiano l'efficacia dei test in generale.

Il vero punto debole della profilazione è invece nella raccolta e nell'analisi dei campioni. Una contaminazione del campione da parte di Dna estraneo può portare all'incriminazione della persona sbagliata (cosa particolarmente grave nel caso in cui il materiale biologico raccolto sulla scena del crimine sia scarso al punto da non permettere la ripetizione del test). Sono già documentati molti casi del genere, tra cui uno clamoroso in cui le polizie di Germania, Austria e Francia cercarono una persona il cui Dna risultava presente sulla scena di un gran numero di delitti, per poi scoprire che il Dna era già presente nei tamponi usati per raccogliere i campioni. Nel valutare i risultati di un test, quindi, occorre tenere conto anche della fallibilità umana.

In ogni caso, va sempre tenuto conto del fatto che il test dà una probabilità molto elevata, ma non una certezza. Servono perciò altre prove che permettano di restringere il campo. Nel caso Gambirasio, per esempio, sembra che il cellulare del sospettato si trovasse nella zona al momento del delitto. La probabilità di trovare un falso positivo nel ristretto numero di persone presenti in una cella telefonica diventa praticamente trascurabile.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi