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Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2014 alle ore 16:40.

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Sono 520mila gli euro che vuole raccogliere Paulownia Social Project, creata da un gruppo di esperti dell'agricoltura, delle energie rinnovabili e della protezione ambientale. La startup, con sede legale a Roma e con base a Trapani, ha ottenuto tre primati: è la prima startup a vocazione sociale ad avere offerto il proprio capitale azionario all'equity crowdfunding, è il primo progetto ambientale ed è la prima startup localizzata nel Sud del Paese. Il capitale sociale è, al momento, di 80mila euro.

Cosa fa Paulownia Social Procject
La paulownia è una pianta a rapido processo di crescita dai cui fusti si ricava legna pregiata leggera, elastica e capace di resistere ad escursioni termiche di 80 gradi centigradi. Caratteristiche note all'industria del mobile che la chiama "alluminio del legno". La startup coltiva la pianta e la commercializza, obiettivo che verrà raggiunto al quarto anno, quando sarà possibile tagliare i primi fusti, e a questi scopi verrà destinato il denaro raccolto. A partire dal quinto anno la startup sarà in grado di distribuire dividendi calcolati in misura del 22%.

Il collocamento in crowdfunding
Lo ha gestito Assiteca Crowd, autorizzata dalla CONSOB ad operare in Italia in qualità di Gestore di portali per la raccolta di capitali ad alto rischio; 520mila euro che rappresentano il forte interesse da parte degli investitori per le startup innovative italiane, come sottolinea per "Il Sole 24 Ore.com" l'avvocato Alessandro Lerro, esperto di crowdfunding e advisor di Paulownia Social Project S.r.l.: «al contrario dell'ambizione tipica della new economy in cui si punta a vendere la startup, in questo caso si creano flussi costanti di dividenti per i soci e si crea valore nel territorio. Abbiamo dato risposte al problema della liquidità e abbiamo cambiato la prospettiva dell'investimento in innovazione».

La filosofia dell' equity crowdfunding e la situazione in Italia
Le piattaforme autorizzate dalla CONSOB sono quattro e altre undici sono in via di autorizzazione. «L'equity crowdfunding non è ancora esploso» – continua l'avvocato Lerro – «anche perché per ora è associato alle startup innovative, le società più difficili da valutare per gli investitori. Si parla da tempo di un allargamento a tutte le PMI e questo va sottolineato: con il crowd si può finanziare qualsiasi attività, anche un ristorante. Ciò permette la crescita di altri settori ugualmente importanti per l'Italia, rilanciando così i mercati interni. Mentre negli USA il crowdfunding è visto come un'opportunità per investire laddove da sempre padroneggiano i grossi player, in Europa e in Italia è vissuto dalle aziende come possibilità di trovare fondi. È quindi sofferente il punto di vista dell'investitore che non percepisce il crowdfunding come investimento valido. Non è corretto dire che Paulownia è o può essere il futuro del crowdfunding, quanto il modello Paulownia: un tipo di società più vicino e comprensibile al pubblico. Sono convinto che il Governo debba fare uno sforzo per allargare il crowdfunding alle PMI prima che venga bruciato come strumento di innovazione».

Il modello Paulownia e i quattro pilastri dell'equity crowdfunding
Nei panni dell'advisor l'avvocato Lerro individua in Paulownia Social Project S.r.l., contemporaneamente, tutti i requisiti utili a fare apprezzare il finanziamento in cloud. «Non stiamo parlando di scienza missilistica o di fisica quantistica, in questo caso parliamo di alberi, materia che tutti possono capire con facilità. Il secondo pilastro contrasta il credo della new economy: non si punta ad un'acquisizione da parte di Google o Facebook ma alla distribuzione costante di utili; a seguire c'è l'elaborazione di un meccanismo che riduca i rischi perché il crowd non vuole assumersene. Paulownia in questo caso ha in mano un contratto per la vendita di legno, ad un prezzo prefissato, per i prossimi vent'anni. Ciò significa che la startup dimostra la bontà del proprio business plan. Il quarto pilastro riguarda il riacquisto, da parte dei soci fondatori, delle quote vendute. Chi vuole uscire dall'investimento e rientrare dei capitali impiegati ha la garanzia che non dovrà rivolgersi a mercati secondari».

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