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Questo articolo è stato pubblicato il 22 giugno 2014 alle ore 13:59.

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Basta citare una stampante per far venire in mente un oggetto brutto, obsoleto, che non ha nulla di attraente ed è visto solo come un servo fedele. Se funziona è come invisibile ai nostri occhi e solo quando non va ci accorgiamo della sua presenza. Va detto però che il mercato riflette solo in parte questa visione. Da parte dei consumatori chi ha la stampante se la tiene e non la cambia e chi non ce l'ha ne fa volentieri a meno ma per le imprese è diverso. Sono costrette a imprimere su carta bolle, fatture e documenti e i produttori sono pronti a rispondere alle loro esigenze con investimenti massicci. Solo Epson, uno dei colossi globali, nell'ultimo anno ha investito «160 milioni di dollari in ricerca e sviluppo su 1,3 miliardi totali», racconta il presidente dell'azienda giapponese Minoru Usui, e per convincere le imprese a comprare nuove macchine ha speso circa «240 milioni in due anni per l'aggiornamento e l'espansione delle linee di produzione». Un mucchio di denaro che conduce verso una strada ben precisa: il ritorno della inkjet.

Dopo anni passati a cantare le lodi della stampa laser, della sua velocità, precisione e comodità, la crisi ora ha imposto ai big del settore un bel ripensamento che ci porta indietro di anni come concetto ma ci spinge in avanti con nuove tecnologie che promettono faville. Epson per esempio punta sulla comodità e il risparmio offrendo due soluzioni. Sui dispositivi più piccoli troviamo dei serbatoi che si ricaricano versandovi boccette di inchiostro liquido mentre i modelli più grandi hanno delle vere e proprie buste di colore da un litro. Chiamate Rips, Replaceable Ink Pack System, sono quattro, una per ogni colore, e insieme riescono a stampare fino a 75 mila pagine, ovvero come due scatoloni di toner o 188 cartucce vecchio stile.

Per battere la laser però c'è bisogno soprattutto della velocità e così ecco arrivare Precision Core, un chip sviluppato e prodotto in Giappone che ha 800 ugelli che rilasciano ognuno 50mila gocce di inchiostro al secondo. Su una macchina possono essere montati uno o più chip a seconda del prezzo o della grandezza della stampa permettendo quindi di eguagliare le performance delle laser tenendo però sempre un occhio sul risparmio. L'inchiostro infatti costa meno del toner, le buste di plastica sono più facili da smaltire e poi riducono il magazzino.

Sull'altra sponda del Pacifico, negli Stati Uniti, è Hp a lanciare l'offensiva alla povera laser che, comunque, continua a dominare il mercato segnando trenta miliardi di dollari di vendite contro diciotto solo nel 2013. L'arma scelta in questo caso si chiama PageWide ed è una barra di stampa fissa che copre l'intera ampiezza della pagina. Il carrello non deve più spostarsi a destra e a sinistra e la pagina scorre sotto agli ugelli risparmiando tempo e denaro. Più che di stampa insomma potremmo parlare di impressione. La nuova tecnologia per ora la troviamo integrata in due prodotti dedicati a piccoli gruppi di lavoro e Pmi e alle grandi aziende ma dal 2015 sbarcherà anche sui plotter e le macchine di grande formato portando ben 200mila ugelli sulla barra di stampa. Anche qui l'accento è sulla velocità e il costo per pagina. Secondo Tino Canegrati di Hp Italia, sono rispettivamente il doppio (fino a 70 ppm) e un terzo delle stampanti laser della stessa categoria. Valori da primato, insomma, e non esagera: la Officejet Pro X nel 2012 è entrata nel Guinness per aver stampato 500 fogli a colori in sette minuti e 19 secondi. Con buona pace della povera laser.

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