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Questo articolo è stato pubblicato il 16 ottobre 2014 alle ore 17:29.
L'ultima modifica è del 17 ottobre 2014 alle ore 08:06.

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NEW YORK - Decine e forse centinaia di milioni di dollari generati da listing affitti illegali di appartamenti. E’ il j’accuse lanciato dalla procura generale dello Stato di New York che per anni ha indagato su Airbnb, uno dei protagonisti della cosiddetta nuova “sharing economy”. E affidata a unoscottante rapportopubblicato oggi, lungo 40 pagine e ricco di dati, grafici e tabelle e che mette in luce come quasi i tre quarti di tutti gli affitti che passano attraverso la societa’ siano in violazione di molteplici leggi o norme dei piani regolatori locali.

  Il procuratore dello Stato, Eric Schneiderman, e’ convinto di aver smascherato una vera e propria truffa: oltre un terzo delle proprieta’ e un terzo delle entrate sono fornite e generate da societa’ o operatori commerciali, non da individui o residenti che cercano di arrivare a fine mese arrotondando lo stipendio con qualche reddito aggiuntivo. Di piu’: alcuni grandi costruttori o gruppi di gestione immobiliare hanno creato veri e propri “ostelli” illeciti. Una dozzina di edifici sono stati usati  per almeno il 60% a questo esclusivo scopo.

Complessivamente l’indagine della magistratura ha analizzato 497.322 soggiorni privati in citta’, in 35.454 locali, di durata inferiore a 30 giorni e senza stanze in coabitazione. E in dettaglio il 72% del campione e’ stato definito illegale, con entrate per il 37%, cioe’ 168 milioni, dovute ad un 6% di grandi operatori.

   Anche la ricchezza mobilitata dal business non e’ niente affatto distribuita democraticamente, piuttosto concentrata oltre che in poche mani in pochi quartieri di New York City. Per l’esattezza in tre ristrette zone tutte di Manhattan - Lower East Side, Chelsea e Greenwich Village che contano per il 40% del totale, 187 milioni - nella totale assenza invece di quartieri quali Queens, Staten Island e il Bronx.

  Airbnb non ha contestato apertamente le conclusioni della procura, derivate da un’indagine durata ormai quattro anni e alimentata da dati che la stessa societa’ e’ stata costretta a fornire agli uffici statali dopo aver perso una battaglia in tribunale per tenerli segreti. “Dobbiamo guardare al futuro”, ha detto un portavoce al New York Times nel commentare il rapporto. “Servono regole preparate assieme per fermare operatori in malafede e proteggere al contrario normali cittadini che vogliono semplicemente condividere le loro abitazioni”.

  La societa’, che ha ormai raggiunto una valutazione da dieci miliardi di dollari ed e’ stata al centro di polche come di forte crescita quanto la “sorella” nei taxi informali Uber, vuole lasciarsi alle spalle lo scontro con le autorita’ e dedicare piuttosto la sua attenzione a un ricco collocamento azionario nei prossimi anni.

   Non sara’ facile a New York risolvere la disputa. Altrove, a San Francisco in particolare, Airbnb e’ stata di fatto legalizzata. Ma nella Grande Mela Schneiderman e le autorita’ cittadine - nonostante nei sondaggi Airbnb resti popolare - hanno lanciato proprio oggi, in contemporanea con il rapporto-denuncia, una campagna per mettere al bando ogni forma illegale di albergo. La campagna si avvarra’ di legislazioni fiscali come di sicurezza. “Chiunque gestisca una simile attivita’ non deve farsi illusioni _ ha detto Schneiderman _ Sofisticate pubblicita’ non cambiano il fatto che si tratta di una attivita’ illegale”.

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