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L'Africa sarà il prossimo Bric

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2010 alle ore 07:50.
L'ultima modifica è del 28 agosto 2010 alle ore 08:49.

La visita in Cina di questa settimana del presidente sudafricano Jacob Zuma, accompagnato da una folta delegazione di uomini d'affari e autorità, ha comprensibilmente attirato molti commenti. Senza dubbio, il presidente è parso desideroso di allacciare rapporti più stretti con Pechino, diventata l'anno scorso il partner commerciale più importante del suo paese.

È sullo sfondo di questo avvenimento e dell'ascesa di molte nazioni africane che paiono aver scongiurato i rischi incombenti derivanti dalla crisi creditizia globale che sempre più spesso mi chiedono se la sigla Bric non possa presto aggiungere una "s" non tanto per indicare il plurale, bensì per includere il Sudafrica, e se l'Africa - nel suo insieme - debba o meno poter contare sul medesimo roseo futuro verso il quale paiono proiettati brasiliani, russi, indiani e cinesi che di quel gruppo fanno parte.

Dopo il campionato del mondo di calcio svoltosi con successo in Sudafrica, sempre più persone palesano un vivo interesse per le opportunità che offre l'Africa. Il prodotto interno lordo combinato del continente è praticamente simile a quello di Russia e Brasile, ed è di poco superiore a quello dell'India. Oltretutto dei "Prossimi 11" paesi - "N-11", etichetta che insieme ai miei colleghi ho dato a un gruppo di paesi particolarmente popolosi che hanno prospettive alquanto promettenti di seguire la strada dei Bric - due si trovano in Africa, Egitto e Nigeria. In tale contesto, mentre le autorità sudafricane esprimono piene di entusiasmo la loro aspirazione ad arrivare a uno status equiparabile a quello dei Bric - ho deciso di riflettere ulteriormente sull'Africa e sulle sue possibilità di diventare un'economia affine a quella dei Bric.

Se pensiamo all'Africa nel suo insieme, e la consideriamo nella medesima ottica che caratterizza il nostro scenario per il 2050 per il Bric, i "Prossimi 11" e altre economie di punta, dobbiamo prendere atto di un'economia grande quanto quella dei Bric. Se poi studiamo le potenzialità delle undici economie africane più importanti nei prossimi quarant'anni (analizzando il loro probabile andamento demografico, i cambiamenti nella forza lavoro che ne conseguiranno e la loro produttività), si evince che il loro Pil combinato entro il 2050 potrebbe superare i 13mila miliardi di dollari, rendendole di fatto più importanti sia del Brasile sia della Russia, per quanto non ancora della Cina o dell'India.

È interessante il fatto che quasi la metà di tale Pil sarebbe assicurato da Egitto e Nigeria, di modo che il progresso di questi due paesi appare ancor più fondamentale ai fini delle potenzialità del continente. Tra gli altri undici, proprio il Sudafrica ha un ruolo determinante da rivestire, essendo più avanzato di altri paesi e rappresentando da un certo punto di vista una sorta di porta d'ingresso all'Africa meridionale. Il Sudafrica, in ogni caso, di per sé non ha una popolazione sufficiente a diventare uno dei Bric, avendo appena 45 milioni di abitanti. Ma la Nigeria - con i suoi 180 milioni di abitanti o più - non è lontana dal rappresentare il 20% della popolazione africana. Se agisse come opportuno, potrebbe diventare entro il 2050 più importante del Canada, dell'Italia o della Corea del Sud.

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Tags Correlati: Africa | African National Congress | Anna Bissanti | Brasile | Canada | Egitto | Goldman Sachs | Imprese | Jacob Zuma | Jim O'Neil | Nigeria | Russia | Sudafrica

 

L'Africa desidera essere considerata alla stregua del Bric e non dovrebbe essere così difficile pensarla tale, come spesso si ritiene. Noi manteniamo aggiornato un indice di tredici variabili diverse, che sono critiche ai fini della crescita sostenibile e della produttività. Chiamiamo tale indice Growth environment score (Ges), e lo calcoliamo ogni anno per circa 180 paesi di tutto il mondo. L'indice va da 0 a 10, e a numero maggiore corrisponde una migliore produttività o una maggiore crescita sostenibile. Tra i "Prossimi 11", la Corea del Sud ha un indice del 7,4, il più alto, un indice compatibile con i migliori paesi del mondo sviluppato. La Nigeria, invece, ha un indice del 3,5 - il secondo più basso al mondo.

Tale indice potrebbe sembrare negativo, ma nelle quattro economie che la sigla Bric sta a indicare, tale indice è soltanto del 4,9. Negli undici paesi africani, l'indice è in media del 3,5. Di conseguenza, per realizzare in pieno le loro potenzialità nel 2050, i paesi africani dovranno alzare significativamente il loro indice. Probabilmente, gli obiettivi più facili da perseguire sono politiche macroeconomiche stabili incentrate sul mantenimento di una bassa inflazione e sul forte contenimento di un eccessivo indebitamento pubblico e con l'estero. Tra le microcomponenti, invece, teniamo conto della stabilità del governo, del miglioramento della legalità, dello sviluppo sostanziale del livello generale di istruzione, della diffusione della telefonia mobile e di internet - quantunque da questi ultimi punti di vista ci siano già stati considerevoli progressi - e forse ciò che più conta, ovvero come si sradica la corruzione cronica che dilaga in molte nazioni africane.

Il Sudafrica ha dimostrato di saper ospitare meritatamente i Mondiali di calcio e adesso tocca ai più importanti paesi africani e ai loro leader dimostrare di saper fare tesoro di questa esperienza. Auguriamoci che non diventi legge la proposta di imbavagliare la copertura delle notizie da parte dei media - idea attualmente allo studio dall'African National Congress in Sudafrica. Se così fosse, si tratterebbe di un passo nella direzione sbagliata. Zuma e gli altri leader africani dovrebbero piuttosto concentrarsi sulla trasparenza assoluta e su un contributo decisivo volto a preparare un ambiente e un clima propizio agli affari. In caso contrario, il sogno di un Bric africano rimarrà ciò che è: un sogno.

Jim O'Neil, capo economista di Goldman Sachs, ha coniato l'acronimo Bric
(Traduzione di Anna Bissanti)

© 2010, THE FINANCIAL TIMES

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