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Questo articolo è stato pubblicato il 31 gennaio 2011 alle ore 10:45.
Dell'Italia vuole il design e la capacità di innovazione. Alle imprese italiane offre materie prime e una forza lavoro a basso costo sì, ma anche ad alta formazione. Lui è Rajan Bharti Mittal, presidente della Ficci, la Federazione indiana delle Camere del Commercio e dell'Industria, una delle due Confindustrie cui si affidano gli imprenditori di New Delhi, l'altra è la Cii. Il suo, però, è un cognome di quelli che pesano: suo fratello è quel Sunil Bharti Mittal che ha fondato la Bharti Enterprises, una delle più grandi conglomerate d'India. Tra i fiori all'occhiello del gruppo c'è Airtel, il maggiore operatore di telefonia mobile di tutto il continente asiatico e ormai anche un grande player emergente in Africa.
Nell'impresa "di famiglia" Rajan Bharti, 51 anni, fa il vicepresidente e il managing director con delega al comparto retail. Ma non è di Bharti Enterprises che vuole parlare. Da oggi è a Roma in veste di presidente della Ficci per accompagnare il ministro indiano dell'Industria, Anand Sharma, e un manipolo di grandi imprese del Subcontinente in una missione di tre giorni in Italia. Stamattina incontrerà la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, «per fare insieme un piano per i prossimi dieci anni», e ringiovanire i rapporti con il nostro paese, rallentati anche «per colpa degli sviluppi politici».
Mister Bharti, qual è lo scopo di questa missione in Italia?
Vogliamo ringiovanire i nostri legami con l'Italia. Molto si è fatto tra il 2005 e il 2008, poi l'attività ha subito un rallentamento, un po' per via degli sviluppi politici e un po' perché sia l'India che l'Italia erano impegnate su iniziative in altre parti del mondo. Ora il tempo è propizio per riprendere le fila: il mondo si sta riprendendo dalla recessione, il peggio è passato. È il momento giusto per mettere a frutto e combinare insieme le abilità tecnologiche e creative dell'Italia con i punti di forza dell'india.
Come si può migliorare le relazioni economiche fra Italia e India?
L'Italia è il 22esimo partner commerciale dell'India e il 12esimo investitore, ma la verità è che il nostro paese rappresenta ancora solo l'1% degli scambi mondiali di Roma. Quello che manca, da parte italiana, sono quegli investimenti strategici e di lungo periodo che invece vediamo da parte delle imprese del resto della Ue. Anche i settori che in India sono in pieno boom, come le infrastrutture, vengono ampiamente trascurati dalle vostre imprese. Vogliamo che l'Italia abbia un ruolo centrale nella nostra crescita, non che si limiti a investire alla periferia o consideri ad esempio i costi di arbitraggio come i soli elementi per cui vale la pena venire da noi.