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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2011 alle ore 06:40.
Il gruppo Bitron raddoppia in Cina e in Turchia. E la finanziaria pubblico-privata Simest ne agevola il processo d'internazionalizzazione, entrando nell'azionariato con quote di minoranze: il 16% nella società cinese e il 19,5% in quella turca.
«Queste due quote nelle imprese – osserva Massimo D'Aiuto, ad di Simest – si aggiungono a un portafoglio di altre 270 partecipazioni, oltre a 195 in carico al nostro fondo di venture capital».
Il gruppo torinese della meccatronica ha finalizzato un tris di progetti di crescita all'estero, due in Cina e uno in Turchia. In quest'ultimo paese, nella zona di Manisa, Bitron potenzia l'investimento esistente per far fronte all'aumento dei volumi e costruisce un nuovo stabilimento di circa 8.700 mq., comprese le nuove attrezzature. «In Turchia – interviene Carlo Casassa, direttore finanziario di Bitron – siamo stati "costretti" a stabilirci per poter servire colossi degli elettrodomestici come Arcelik e Vestel. In particolare forniamo decalcificatori per lavastoviglie che non si prestano all'export».
I due progetti cinesi, entrambi a Qingdao, riguardano invece il rafforzamento della produzione di componenti plastici ed elettronici per il settore degli elettrodomestici e dell'automotive. In particolare, l'attività di bobinatura, stampaggio di materiale plastico, decalcificatori, componenti meccatroniche per caldaie. In Cina nel 2011 è previsto una crescita del fatturato grazie all'acquisizione di nuovi prodotti e all'incremento di quelli esistenti, con nuovi clienti sui mercati italiano, cinese e americano.
«In Cina – aggiunge Casassa – siamo fornitori dal 2000 di Electrolux, Indesit e altri marchi. Il mercato è in continua crescita e dobbiamo adeguare la nostra capacità produttiva». Complessivamente i nuovi investimenti di Bitron, controllata dalla famiglia Bianco, si aggirano intorno ai 25 milioni.
Per D'Aiuto «contribuire allo sviluppo internazionale delle eccellenze italiane ci ripaga del lavoro quotidiano. Il comparto della meccatronica rappresenta un fiore all'occhiello nell'ambito del più ampio comparto dell'elettromeccanico e meccanico. Ma abbiamo importanti investimenti anche nel tessile di qualità e nell'agroindustria. Ad oggi i progetti di partecipazione approvati ammontano a circa 4,5 miliardi di investimenti all'estero». Per quanto invece riguarda gli incentivi per lo sviluppo commerciale, l'export credit e gli studi di fattibilità, i progetti della Simest sono 821, per 1,2 miliardi di finanziamenti.
Recentemente Simest ha accettato di investire, con il 15% di quota, nella società russa dell'alimentare acquisita da De Cecco. «Dobbiamo però – precisa D'Aiuto – ancora acquisirla».
Poi sulla vicenda del finanziamento Simest di Parmacotto, ritenuto da Coldiretti dannoso per via della bresaola uruguaiana, D'Aiuto preferisce stare lontano dalle polemiche e dichiara: «L'intervento di Simest rafforza la struttura produttiva italiana anche sui mercati internazionali. Simest, pur non entrando nella gestione delle aziende, è convinta della totale correttezza dei partner imprenditoriali ed è aperta a qualsiasi tipo di confronto che coinvolga sia i ministeri competenti sia le le associazioni di categoria della filiera».
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