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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2011 alle ore 10:08.

La banda che non si allarga, internet col singhiozzo e il collegamento desaparecido sono alcuni dei ritardi tecnologici del sistema Italia. Perché la rete latita non solo nelle aree "disabitate" dalle imprese ma anche, drammaticamente, nei distretti industriali: da Biella alla Riviera del Brenta, dalle bocche del fiume Sangro in Abruzzo passando per Puglia e Campania, il web non si può ancora considerare un'infrastruttura di base. In inglese si chiama digital divide e fa rima con i rallentamenti di un network poco efficiente, incapace di connettere chi produce in Italia agli universi che stanno oltre i patri confini.
Sul fronte della clientela privata, si stima che il caro vecchio rame targato Telecom Italia lasci a secco soprattutto gli italiani residenti nelle aree montane e rurali, dove in generale agli operatori non conviene firmare assegni in bianco – sono le così dette aree a fallimento di mercato – sostenendo investimenti salatissimi a fronte di una domanda troppo incerta per garantire le giuste marginalità.
Un dato certificato: l'ultimo rapporto sull'«Innovazione delle Regioni», pubblicato dal Cisis in febbraio, spiega che in Italia 8 milioni di persone sono escluse dal cyberspazio, cifra che scende a circa 5 milioni, quindi l'8-9% della popolazione, se si considera l'effetto "benefico" delle tecnologie wireless, la banda larga mobile via cellulare, comunque meno stabile di quella fissa. In questo senso Vodafone ha investito un miliardo per la copertura di mille Comuni italiani esclusi da internet, ma la banda garantita è solo da due mega mentre le aziende hanno bisogno di collegamenti più "robusti".
Le aziende, appunto. Secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, sui 156 distretti industriali del Belpaese, pari a circa 400mila realtà produttive, almeno il 10% è in digital divide, quindi 40-50mila aziende, con collegamenti totalmente assenti o comunque sotto i due megabit. E se è vero, come sostiene l'Agcom, che da noi il problema è più culturale che pratico – nel senso che in fondo internet c'è ma la gente non lo usa – varrebbe la pena calcolare quante risorse andrebbero impiegate per mettere le ali ai computer degli imprenditori più lontani da internet. Stando alle ultime analisi, per portare su tutto il territorio almeno 20 megabit di velocità sarebbero necessari circa 500 milioni, in un momento in cui i "famosi" 800 milioni previsti dal ministero dello Sviluppo economico si sono ridotti a 100 milioni.
Ma il paradosso è anche sul fronte della domanda – e su questo l'Agcom ha ragione - visto che qui gli imprenditori si dividono in due categorie diverse. Da un lato ci sono le imprese affamate di connessione, certe che l'utilizzo della rete sia una leva indispensabile per stare sul mercato e soprattutto per starci bene. Dall'altro le indifferenti, certificate pure da uno (sconvolgente) studio di Confindustria del 2010, che spiega come su 100 imprenditori ben 61 si professino «non interessati alla banda larga». Possibile? Eppure dal Nord al Sud, il destino della broadband è appeso al filo del buon senso e della caparbietà di quegli altri imprenditori, quelli convinti che internet sia uno strumento indispensabile.
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