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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2012 alle ore 10:19.
L'ultima modifica è del 16 giugno 2012 alle ore 10:40.

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Il cancelliere tedesco Konrad Adenauer e il ministro degli Esteri francese Robert Schuman in un incontro a ParigiIl cancelliere tedesco Konrad Adenauer e il ministro degli Esteri francese Robert Schuman in un incontro a Parigi

È la medesima consapevolezza maturata da Adenauer fin dal primo dopoguerra circa la necessità che la Germania dovesse armonizzarsi con il resto dell'Europa, anche a scapito dei suoi propri interessi. Egli comprendeva il bisogno di sicurezze della Francia. Anche se a proposito del Trattato di Versailles aveva osservato che «nella storia europea medioevale e moderna non c'è nessun documento così oltraggioso verso i diritti fondamentali, umani e cristiani, come questo diktat di Versailles».

Proprio per superare l'inimicizia ereditata dal passato, auspicava una collaborazione organica dell'industria pesante tedesca con quella franco-belga. Ricercò anche una possibile unione economica che propiziasse la pace tra i due paesi. Nel maggio del 1950 quando Schuman lo informa del progetto che l'anno successivo avrebbe portato alla costituzione della CECA, Adenauer annota nelle sue memorie: «Mi comunicava che lo scopo della sua proposta non era economico ma eminentemente politico . . . Il Piano Schuman corrispondeva in pieno alle mie idee . . . Non avevamo il dovere, noi che nel passato ci eravamo resi responsabili di gravi colpe con la guerra, di consacrare tutte le nostre forze spirituali, morali ed economiche, alla creazione di un'Europa che potesse diventare elemento di pace ?». Nel 1954 arriva a dichiarare all'allora Primo ministro francese Mendès-France di anteporre l'unità dell'Europa alla riunificazione della Germania, a condizione che la nuova entità avesse una connotazione fortemente ancorata agli ideali e allo spirito delle democrazie occidentali.

Il dovere di fare presto
Se permangono le ragioni di fondo per l'Unione europea; se esiste la volontà politica di portare a compimento questo progetto che, ripeto, è ambizioso e innovativo, ma anche necessario affinché l'Europa possa continuare a essere un'area di pace, di stabilità, di prosperità, di progresso, ebbene gli uomini e le donne cui oggi sono affidate le sorti dell'Unione hanno il dovere di lavorare per introdurre tempestivamente gli elementi istituzionali e operativi che consentano di superare l'attuale situazione di crisi economica, di difficoltà sociale e politica.

Crescita, rigore e governance sono i tre temi su cui da mesi i governanti europei discutono. I Paesi con economie più solide pongono l'enfasi sul rigore; quelli economicamente più deboli chiedono un sostegno consistente alla crescita; tutti sono sospettosi sulla governance, temendo di vedere sacrificati interessi nazionali. I tre aspetti si intersecano, fino a intrecciarsi e l'uno rafforza l'altro. È necessario che i governanti li affrontino con vista lunga, nella consapevolezza che la prosperità dei singoli paesi trae beneficio e si accresce se avviene in un contesto in cui il benessere è diffuso e le tensioni sociali e politiche sono sostenibili.

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