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Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2012 alle ore 07:44.
L'ultima modifica è del 28 giugno 2012 alle ore 08:57.

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In capo a un derby iberico tra i più noiosi della storia, un rigore di Fabregas schizzato da un palo all'altro ha mandato in finale la Spagna, dopo che già Sergio Ramos nel penalty precedente aveva bissato il cucchiaio vincente di Pirlo. Un successo molto sofferto, meritato soltanto nei supplementari, che lascia ampi margini di speranza a chi riuscirà stasera a raggiungere in finale i campioni del mondo. La Germania o l'Italia?

Era cominciata, ed è continuata sino ai supplementari con poca Spagna, pochissimo Xavi, una gran quantità di errori di controllo e di misura impensabili in giocatori dai piedi così morbidi. Un buon Portogallo, disposto in maniera da chiudere ai palleggiatori spagnoli le linee di passaggio più collaudate. E senza fretta, perché i due giorni in più di riposo erano una risorsa su cui contare in vista dei supplementari.

Del Bosque inserisce prima Fabregas e poi Navas per Negredo e Silva, ma è una Spagna che si stenta a riconoscere tanto il suo gioco mandato a memoria è impreciso, sfilacciato. Cristiano Ronaldo sbaglia una punizione dopo l'altra, l'ultima da posizione davvero favorevole, mentre la difesa portoghese randella senza fare sconti e collezioni cartellini: ancor prima del novantesimo l'intera difesa è ammonita. Esce il professor Xavi per Pedro, Ronaldo ha la palla decisiva ma la calcia in tribuna. La prima, grande azione a conti fatti è arrivata dopo la bellezza di 103 minuti grazie a Jordi Alba e c'è voluto un miracolo di Rui Patricio per salvare su Iniesta a colpo sicuro.

Stasera ci prova l'Italia con una convinzione che è cresciuta con il passare dei giorni, persino delle ore. Com'è giusto che sia, perché non esistono partite perse in partenza. Esistono partite difficili, ma quella con la Spagna lo era forse di più considerata la difficile vigilia e la batosta con la Russia nell'ultimo test: eppure gli azzurri quella sera tennero bravamente testa ai campioni del mondo, e proprio da quella partita hanno tratto l'autostima che tra alti e bassi (pochi) li ha portati sin qui. A giocarsi quasi alla pari la semifinale con la Germania. Con che formazione non è dato sapere.

Ma con la speranza di non dover rinunciare a una pedina chiave come De Rossi. Per centrare l'impresa, che tale sarebbe, l'Italia deve migliorare la percentuale realizzativa, se è vero che ha realizzato quattro soli gol (uno su azione) a fronte di 59 tentativi. E insieme circoscrivere l'attacco tedesco, che è invece il più prolifico e anche il più versatile della rassegna. La Germania ha potuto disporre di due giorni di riposo in più, l'Italia proprio causa imprecisione offensiva ha nelle gambe quella mezzora di troppo dei supplementari con l'Inghilterra. Una differenza che rischia di pesare, soprattutto a gioco lungo.

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