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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2012 alle ore 06:39.

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e riduzione del rapporto debito/Pil da 123,4% (2012) a 114,4% (2015);
r miglioramento del rapporto debito/Pil interamente da conseguire per il tramite del presunto aumento del Pil nominale, fatto per una parte di crescita reale (-1,2% nel 2012; +0,5% nel 2013; +1,0% nel 2014; +1,2% nel 2015) e per il resto da inflazione (1,7% nel 2012; 1.9% nel 2013; 1,8% nel 2014; 2,0% nel 2015);
t il tutto a fronte di avanzi primari difficilmente raggiungibili anche per i Paesi più virtuosi nei cicli di espansione (ad esempio, 5,5% nel 2014 e 5,7% nel 2015).
È evidente come il miglioramento del rapporto debito/Pil affidato esclusivamente a un'ipotesi di crescita del Pil sia poco convincente per i mercati, oltre a rappresentare una forma di abdicazione di responsabilità che dovrebbe essere esercitata agendo principalmente sul numeratore.
Paradossalmente, la politica fiscale fortemente restrittiva attuata dal governo, attraverso l'aumento della pressione fiscale e i tagli alla spesa, contribuisce a rendere meno probabile lo scenario di crescita (almeno per quanto concerne la domanda interna) su cui la manovra di riequilibrio del debito è interamente predicata.
Una nuova politica economica
Pur proseguendo sul cammino delle riforme strutturali e degli efficientamenti attraverso l'approccio sequenziale della spending review, il superamento della crisi richiede, da parte del governo, la riscrittura del Def 2012 con un impegno preciso alla riduzione del rapporto debito/Pil che non sia affidata esclusivamente, come allo stato attuale, a ipotesi di crescita del Pil, a oggi poco credibili, ma che riguardi, contestualmente:
a) una riduzione strutturale del debito pubblico per almeno 400 miliardi di euro (circa 20-25 punti di Pil) come valore obiettivo, così da portare sotto il 100% il rapporto rispetto al Pil in 5 anni. Di questi 400 miliardi:
- 100 derivano dalla vendita di beni pubblici per 15-20 miliardi l'anno (circa 1 punto di Pil ogni anno);
- 40-50 miliardi (circa 2,5 punti di Pil) dalla costituzione e cessione di società per le concessioni demaniali;
- 25-35 miliardi (circa 1,5 punti di Pil) dalla tassazione ordinaria delle attività finanziarie detenute in Svizzera (5-7 miliardi l'anno);
- i restanti 215-235 miliardi dall'operazione descritta nel paragrafo "Riduzione strutturale del debito pubblico sotto il 100% rispetto al Pil in 5 anni" che segue.
b) il tendenziale dimezzamento del servizio del debito, nello stesso arco temporale, dai 75-82 miliardi attuali a 35-40 miliardi (circa 2 punti di Pil), che deriva dall'intervento sullo stock del debito, dalla conseguente riduzione dei tassi di interesse/rendimento e da azioni mirate di riduzione selettiva del costo del debito stesso, attraverso l'acquisto sul mercato secondario di titoli del debito pubblico italiano emessi a tassi eccessivamente elevati.

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