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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2012 alle ore 09:40.

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Qual è il nesso fra la dura sentenza Mediaset e il ritiro dal palcoscenico politico annunciato da Berlusconi, con l'apparenza dell'ufficialità, appena tre giorni fa? Molti, i più, dicono: vedete, si aspettava la condanna e ha anticipato la slavina scomparendo dietro le quinte; e non poteva fare altro perchè il reato fiscale su cui è inciampato è di particolare gravità.

A ltri propongono una tesi diversa: adesso che ha ceduto le armi, sostengono, Berlusconi comincia a subire le bastonate della magistratura con un'intensità mai sperimentata in passato. Se fosse vero, l'ex premier dovrà prepararsi al peggio. C'è dell'altro all'orizzonte, a cominciare dal processo Ruby. In ogni caso l'equazione non cambia. La stagione di Berlusconi è finita e non sarà una sentenza (fosse pure «politica», come dicono nel Pdl) a invertire la tendenza.

Non sarà, in altre parole, questo colpo giudiziario a ricreare l'«effetto vittima» sul quale il Berlusconi del passato ha giocato più volte con indubbia efficacia. Il Berlusconi di oggi critica la magistratura con i consueti argomenti, ma non sembra plausibile che cambi di nuovo idea. L'uscita di scena non può non essere definitiva, fatta salva una candidatura alla Camera o al Senato che tra l'altro garantirebbe all'eletto un certo grado di immunità parlamentare.

Quello che Berlusconi non può pretendere, ma forse pretenderà, è che il centrodestra di domani si blocchi in una nuova puntata della guerra contro la magistratura. E cioè che torni a essere uno scudo a protezione del capo come è stato per anni. Oggi quello scudo non sarebbe efficace perché il vecchio leader non è più alla testa delle sue truppe. E inoltre il futuro gruppo dirigente, quello che si vorrebbe creare attraverso frettolose primarie con Alfano come favorito, sarebbe sconfitto in partenza se la sua missione fosse quella di combattere le battaglie giudiziarie del capo storico. Il rischio che ciò accada è tuttavia reale. E difatti la sentenza di Milano innesca conseguenze destabilizzanti. Obbliga i post-berlusconiani a compiere una scelta netta: o con il leader nell'ultima battaglia contro i giudici o con l'opinione pubblica che non ne può più di questa psicosi e vorrebbe voltare pagina per affrontare i problemi di oggi.

In definitiva il tema del berlusconismo senza Berlusconi è tutto qui. Continuità o discontinuità con la lunga stagione di Arcore significa a questo punto decidere quale strada imboccare. Sembra difficile che l'intero Pdl (quello che ne resta) moduli se stesso sulla difesa intransigente dell'ex premier. Ma è altrettanto difficile che gli volti le spalle all'unisono come fosse l'alba di un nuovo giorno. Sono probabili nuove ambiguità, un cordone ombelicale che non si spezza, un'area di centrodestra propensa a frantumarsi. Con un fronte di super-berlusconiani decisi a tutto e gli altri vogliosi di esplorare nuovi scenari.

Vedremo. Quel che è certo, il vuoto politico è reale, mentre la sentenza Mediaset accentua la precarietà nervosa del mondo che un tempo si affidava senza remore al suo padre-padrone. Si sta aprendo uno spazio nella cosiddetta area moderata. Uno spazio che in tanti cercano di occupare, stavolta anche con speranze di successo. Segmenti del mondo cattolico (Bonanni, Riccardi), intellettuali e imprenditori sono molto dinamici. Ma occorrerà tempo per dare corpo a un messaggio convincente e soprattutto coerente. Nel frattempo qualcuno guarda a Casini. Il suo recente schema (alleanza con il Pd dopo il voto) è entrato in crisi nel momento in cui si è aperto il buco nero a destra. Peraltro la sua Udc non riesce a sollevarsi dalle solite percentuali. Occorre fantasia per rompere certe ingessature anche culturali. Ma il momento di mettersi in gioco è adesso.

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