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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2013 alle ore 06:40.

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Un rapporto della Bka, la polizia federale tedesca, datato 14 luglio 2008, offre maggiori dettagli. Il documento cita il testo di un'email interna rinvenuta durante una perquisizione negli uffici di T-Mobile International che informava vari dirigenti di un colloquio avuto con gli avvocati di Ullrich. "Non sono stati sollevati elementi di potenziale minaccia, se non quello che Ian Ullrich possa esprimersi pubblicamente in merito all'assistenza medica e ai metodi di allenamento. Anche se lo stesso ha detto di non essere «uno che tradisce i propri compagni». Alla fine è stato convenuto di mantenere il silenzio".

La "valutazione conclusiva" del rapporto della Bka è netta: "Il potenziale di minaccia accennato nell'email in relazione a un'eventuale esternazione pubblica di Jan Ullrich in merito all'assistenza medica ed ai metodi di allenamento indica che se ne era già in precedenza parlato in maniera più dettagliata. In considerazione del fatto che tale circostanza viene considerata un elemento di minaccia si può ritenere che lo sponsor T -Mobile ... fosse informato delle pratiche di doping della squadra."
Più recentemente, il gruppo bancario olandese Rabobank è stato un altro importante sponsor a lasciare il ciclismo dopo quasi due decenni in cui i suoi corridori sono ripetutamente incappati in risultati positivi ai test anti-doping.

Tra le testimonianze che la Usada ha reso pubbliche nell'ambito del caso Armstrong, c'è quella del ciclista americano Levi Leipheimer, medaglia di bronzo all'Olimpiade di Pechino. Nella sua deposizione Leipheimer ammette di aver cominciato a usare l'Epo nel 1999, quando correva per il team Saturn. Ma parla anche degli anni successivi, quando correva per Rabobank: «Ho continuato a usare l'Epo con Rabobank nel 2002, 2003 e 2004, e fui assistito nel suo uso dal dottore della squadra. In Rabobank sapevo che anche un altro ciclista faceva uso di Epo, perché ne discutemmo ripetutamente».
Pochi giorni dopo la pubblicazione di quella testimonianza, Rabobank ha annunciato la propria decisione di ritirarsi dal ciclismo perché non "più convinta che il mondo del ciclismo professionistico possa garantire uno sport pulito e onesto".

Raymond Kerckhoffs, giornalista olandese che per anni ha seguito il team Rabobank, commenta così la decisione: «Nel corso di 17 anni di sponsorizzazione, Rabobank ha ripetutamente visto propri corridori accusati di doping e ripetutamente è stata incapace di fare pulizia nel proprio team. La sua decisione di lasciare il ciclismo professionistico a me sembra adesso un'ammissione indiretta di questa incapacità».
La storia del doping dei ciclisti della Rabobank è effettivamente lunga. E lo stesso ex direttore sportivo Theo de Rooij ha recentemente ammesso a un giornale olandese che i suoi corridori erano liberi di gestire da soli «le proprie cure mediche» e di «decidere cosa e quanto fare». Negli anni in cui de Rooij è stato manager, ben quattro corridori di Rabobank - Thomas Dekker, Denis Menchov, Michael Rasmussen e Michael Boogerd - sono stati coinvolti in inchieste sul doping (anche se tutti hanno sempre smentito di aver fatto uso di sostanze illegali).

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