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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2013 alle ore 08:00.
L'ultima modifica è del 29 gennaio 2013 alle ore 09:36.

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L'aumento dell'Iva del 4% oltre la soglia minima europea del 5% porta un ulteriore vantaggio: consentirà di modificare, in un secondo momento, i beni che sottostanno alle aliquote ridotte. Una modifica prima impedita dalla Ue, essendo il 4% una deroga alle norme comunitarie.

I CONSUMI RIPARTONO
La manovra "più Iva ridotta-meno Irpef ai redditi bassi" contribuisce significativamente a far più che quintuplicare la dinamica reale dei consumi nel 2014, dinamica che passa dallo 0,3% nello scenario senza le proposte Confindustria all'1,6% dello scenario con le proposte. A questo rilancio rapido e all'accelerazione successiva (+2,5% annuo nel 2017; +10,7% cumulato tra 2013 e 2018, contro il +2,2% che si avrebbe altrimenti) danno una mano la maggiore occupazione (+0,4% nel 2014, +7,5% cumulato) e la moderazione dei prezzi che viene dall'abbattimento del costo del lavoro ottenuto con minori oneri sociali ed eliminazione dell'Irap dal costo del lavoro.
Questo mix virtuoso è una ragione in più per guardare al pacchetto di proposte da Confindustria nel suo insieme, evitando di criticare o far proprie singole misure. Occorre, cioè, osservare l'intera foresta invece di concentrarsi sugli alberi che la compongono.

OPERAZIONE VERITÀ DA 48 MILIARDI
Per il 2011 la Banca d'Italia ha stimato in 71 miliardi i debiti commerciali della pubblica amministrazione. Sono, cioè, acquisti o investimenti effettuati che non sono stati ancora pagati alle imprese. Rappresentano a tutti gli effetti un finanziamento occulto e per giunta forzoso al settore pubblico. Confindustria chiede di liquidarne subito i due terzi, pari a 48 miliardi, considerando che un certo ammontare di crediti/debiti commerciali è fisiologico ed è presente nel bilancio di qualunque azienda. Una somma comunque per difetto, giacché quei 71 miliardi sono nel frattempo sicuramente lievitati.
Dove prendere tutti quei soldi? Semplice, emettendo titoli di Stato: visto che di debiti si tratta, tanto vale portarli alla luce del sole e far salire una tantum lo stock di debito pubblico collocato sul mercato. Un'operazione verità che, se inserita nel progetto di rilancio della crescita, sarebbe perfino apprezzata dagli investitori. Tanto è vero che fu caldeggiata anche da Mario Draghi un paio di anni fa, quando era ancora Governatore della Banca d'Italia.
La liquidazione immediata e in contanti dei 48 miliardi ha vari effetti benefici: aumenterebbe la liquidità delle imprese e la loro solidità finanziaria, dunque il loro rating fissato dalle banche, abbassando così i tassi e ampliando la loro possibilità di accesso al credito. Il Centro studi Confindustria ha stimato che tutto ciò metterebbe in moto un volume di investimenti aggiuntivi da parte delle imprese pari a 7,7 miliardi nell'anno successivo alla liquidazione e a 10,4 entro tre anni.

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